Oggi tappa a Washington. È una città molto particolare, in cui la presenza del potere, non solo politico, è ovunque. A distanza di poche decine di metri puoi trovare la sede della Banca Mondiale e quella del Fondo Monetario Internazionale, passando davanti al Dipartimento di Stato americano e alla Casa Bianca. Per non parlare di Pennsylvania Avenue: un susseguirsi di bandiere, ciascuna lì a segnalare la presenza di un’ambasciata.



Sono qui per incontrare due persone: la prima, che vedo per pranzo, è Emily Sussman, che è Executive Officer degli Young Democrats. Una specie di responsabile organizzazone dei partiti italiani, ma con margini di manovra molto più ampi. Mi racconta che i Giovani Democratici americani hanno 250.000 iscritti, che a seguito di rapporti molto burrascosi dieci anni fa hanno deciso di scindersi in modo formale dal Partito Democratico, per cui oggi sono una sorta di Super Pac: una specie di gigantesco comitato elettorale che fa fund raising e campagna per Obama. Emily è ottimista sull’esito delle elezioni: mi racconta che all’headquarter se la sono vista brutta fino a qualche giorno fa e che ora tira un’aria migliore. Speriamo sia vero.



L’altra persona è Massimiliano Santini, economista nel settore degli investimenti per l’ambiente alla Banca Mondiale. Massimiliano ha una storia simile a quella di tanti italiani: vince una borsa di studio ad Harvard, studia due anni lì, inizia a lavorare a Londra e ad Amsterdam, per poi approdare negli Usa. Dove gli viene data, per l’appunto, l’occasione della vita: lavorare alla Banca Mondiale. Ma la sua storia è simile a quella di tanti altri, come dicevo, perché li accomuna una cosa: la voglia di tornare. Mi dice che fa un lavoro fantastico, che gli piace moltissimo, ma che dopo 14 anni avrebbe una maledetta voglia di mettere a disposizione del suo Paese quello che ha imparato. Basterebbe solo che qualcuno gliene desse l’occasione.



Ma oggi è stato un altro giorno importante per la corsa alla presidenza: Bloomberg, il sindaco di New York, indipendente ma da sempre vicino ai repubblicani, ha ufficializzato il suo appoggio a Obama. Un fatto interessante, visto che nemmeno nel 2008 il magnate titolare dell’omonima agenzia aveva dato il suo appoggio al candidato poi risultato vincitore.

Un altro effetto di Sandy: Bloomberg ha spiegato il suo appoggio con le posizioni sul cambiamento climatico di Obama. Questo perché, secondo molti esperti, sarebbe la vera ragione alla base di un uragano così violento, in una zona tendenzialmente non soggetta ad eventi atmosferici di questo tipo. Un endorsement che si aggiunge ai ringraziamenti e ai complimenti di Christie, governatore repubblicano del New Jersey: due manifestazioni d’apprezzamento che non servono a mutare gli equilibri di forza nei rispettivi Stati (dove Obama avrebbe vinto lo stesso), ma che potrebbero influenzare molto gli elettori moderati e indecisi.

Si rafforza sempre di più l’idea di un Obama presidente di tutti, un vero comandante in capo in mezzo alla tempesta. Non per nulla, da tre giorni a questa parte, l’ex senatore dell’Illinois è in costante crescita nei sondaggi.

 

Vicesegretario nazionale dei Giovani Democratici, Giacomo Possamai si divide tra Vicenza (dove vive), Bologna (dove studia Giurisprudenza) e Roma. Attualmente segue in prima persona la campagna elettorale di Barack Obama dagli Stati Uniti. 

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