Oggi si aspetta. A Gerusalemme c’è chi si divide tra un cauto ottimismo e una giusta apprensione. Ed e’ un’attesa nervosa, perché si aspetta sapendo che in questa attesa c’è anche chi muore. E’ l’attesa di chi non sa, e di chi sa troppo bene cosa potrebbe accadere. Gli scontri intanto hanno registrato un’altra vittima: Salim Boulos Swellim, un cristiano di 53 anni di Gaza.
Dopo il rapido evolversi dei fatti ci sono due possibilità: la tregua, chiesta a gran voce dalla comunità internazionale, e l’invasione via terra dell’IDF (Israeli Defence Force). La prima consentirebbe di rimandare la questione “Hamas & co.” ancora per un po’, la seconda vorrebbe dire una carneficina. Insomma Davide contro Golia, per rimanere in un contesto – diciamo cosi’ – ebraico.
Ad oggi, i missili di Hamas continuano a seminare il panico nel sud di Israele, e i raid israeliani colpiscono con formidabile precisione gli abitanti della Striscia. Ma intanto proseguono le trattative. Israele ha dato un ultimatum ad Hamas: Se cessano i missili Netanyahu è pronto a trattare. Hamas chiede la fine dei raid per sedersi attorno a un tavolo. E nell’eterno ping pong tra i due rivali, anche altri paesi si sono messi in mezzo per avere voce in capitolo.
Fonti locali sostengono che sono stati ritrovati due razzi pronti per essere lanciati su Israele dal sud del Libano. Nei territori palestinesi si spara. La rabbia dei palestinesi galvanizzati dagli scontri ha fatto registrare cinque feriti a Rammallah, e un bambino di un anno e mezzo morto per asfissia a Betlemme, dopo che l’esercito israeliano ha lanciato i lacrimogeni contro i manifestanti.
Molti mi scrivono, curiosi, perché vogliono sapere chi ha iniziato questa guerra. Come per individuare un colpevole su cui scaricare tutte le responsabilità. E allora penso alla mia maestra delle elementari, Antonella. Quando litigavo con i miei compagni, spuntava fuori di colpo e la prima cosa che chiedeva era: “chi ha iniziato tra i due?”. Di solito tutti e due ci indicavamo a vicenda, la maestra si stufava in fretta e diceva: “state buoni”. E dopo cinque minuti, tornavamo a litigare. Perché non bastava nemmeno sapere chi avesse iniziato, comunque era importante vincere sull’altro. Più guardo questi due popoli e più penso che questa logica infantile li coinvolga. Sei stato tu. No, tu. Così da sessant’anni. Discussioni violente che non trovano fine. A Gerusalemme si aspetta. Che i politici non temporeggino troppo però. Perché a Gaza, intanto, si muore.



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