A notte fonda, dopo quasi dodici ore di riunione e senza convocare una conferenza stampa, il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, fa sapere che l’accordo sulla Grecia non è stato raggiunto. Il via libera al pagamento delle tranche di aiuti da 44 miliardi di euro per le ormai stremate casse ateniesi è quindi atteso non prima di lunedì prossimo, giorno in cui l’Eurogruppo ha fissato una nuova riunione straordinaria per cercare di sbloccare la trattativa. Dura la reazione del Premier greco Antonis Samaras, secondo cui senza un accordo per il Paese è a rischio la stabilità della zona euro. “La Grecia ha fatto ciò per cui si era impegnata – ha sottolineato -. Ora anche i nostri partner, insieme con il Fondo monetario internazionale, devono fare quello che devono fare. Dal buon esito di questo impegno nei prossimi giorni non dipende soltanto il futuro della Grecia, ma la stabilità di tutta l’eurozona. Ogni difficoltà tecnica per giungere a una soluzione non giustifica alcuna negligenza o ritardo”, ha quindi concluso Samaras. Anche Dimitri Deliolanes, corrispondente in Italia della radio televisione pubblica greca ERT, esprime un giudizio sul mancato accordo che, ci spiega, «non può che essere negativo. Dietro a quanto accaduto vi sono ovviamente precisi calcoli elettorali da parte della Merkel che hanno bloccato per l’ennesima volta la trattativa, quindi non posso che esprimere un giudizio assolutamente negativo».



Come mai parla di calcoli elettorali?

Perché è chiaro che l’opinione pubblica tedesca non ha alcuna intenzione di muovere un dito per la Grecia, ma in questo modo dimostra solo di non aver capito il vero senso dell’Unione europea. Da ogni sondaggio pubblicato emerge un’opinione pubblica sempre più convinta che tutti gli altri paesi europei vogliano solamente approfittare dei soldi della Germania, ma credo che una leadership responsabile avrebbe già da anni dovuto spiegare che non è affatto così. Questo non è stato fatto e adesso ne paghiamo tutti le conseguenze.



Quali sono, secondo lei, i maggiori punti su cui questa notte non è stato possibile trovare un accordo?

Il problema vero è la sostenibilità del debito greco. Abbiamo visto l’allarme lanciato da Christine Lagarde, il dibattito su come evitare che il debito greco rimanga nella situazione attuale (quindi senza possibilità che venga colmato) e quello sul fatto di concedere i due anni in più sul rientro dal deficit: sono tutte questioni ancora aperte che riguardano innanzitutto come affrontare il capitolo Grecia, ma, in secondo luogo e non secondario, anche come poter risolvere altre delicate situazioni dell’area euro, come quella spagnola, italiana ed eventualmente anche francese.



Non è certo la prima volta che assistiamo a resistenze di questo tipo, non crede?

E’ uno scontro che abbiamo vissuto in più occasioni all’interno dell’Unione europea, come nel 2010, l’anno successivo e anche adesso. Il governo tedesco non ha intenzione di guidare l’opinione pubblica verso una politica di risanamento di tutta l’Eurozona, ma al contrario preferisce rimanere immobile nei propri privilegi e rinunciare alla sua funzione di guida.

Come crede che sarà quindi possibile arrivare a una convergenza d’intenti?

Fino a oggi, fortunatamente, le pressioni europee hanno avuto un discreto successo, tanto che sembra ormai chiaro che il risanamento dell’Eurozona è nell’interesse di tutti, ovviamente anche della stessa Germania. Domani, nel Consiglio europeo, Samaras ha già annunciato che si darà da fare per concludere l’accordo e credo che il pPemier baserà la propria tesi sul fatto che l’Europa e tutto l’Occidente non possono assolutamente permettersi di destabilizzare un altro Paese e gettarlo nel caos totale.

Crede che il tentativo andrà a buon fine?

Sicuramente prima o poi queste pressioni riusciranno ad aprire una breccia in tutte le resistenze trovate finora e a quel punto mi auguro che si possa giungere a una soluzione funzionale e non solo temporanea per tappare questo buco. Quello di cui ha bisogno l’Unione non è trovare solamente una soluzione per la Grecia, ma elaborare una vera e propria strategia con cui poter affrontare eventuali altri problemi futuri di altri Paesi.

 

(Claudio Perlini)

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