Non è la pace che la Terra Santa aspetta da sempre, ma fa tirare un sospiro di sollievo. Dopo l’annuncio di Hilary Clinton al Cairo, a Gaza le luci si riaccendono e poco a poco le strade si riempiono. L’attesa nervosa dei giorni scorsi ha ceduto il passo a un cauto ottimismo. E pensare che fino a ieri pomeriggio, dopo l’attentato di Tel Aviv, nessuno ci sperava più. “Arrivederci tregua, e addio pace”, scrivevano in tanti. Anche questa è una tregua carica di contraddizioni, ma le contraddizioni – si sa – sono un marchio di fabbrica che contraddistinguono la Terra di Dio.
Gli israeliani festeggiano: “colpiti 1500 siti del terrore”, si legge nei loro comunicati. Non un cenno agli abitanti di Ashdod, e ai “loro” morti nel sud di Israele. Soprattutto non spiegano se sono siti del terrore anche i bambini di quattro, cinque e sei anni carbonizzati dai raid aerei. A Gaza le brigate di Hassam festeggiano la loro “vittoria”: non si conoscono ancora nel dettaglio i termini della tregua, ma certo questa vicenda ha aumentato il loro potere di negoziazione, assieme all’altro – grande – protagonista: l’Egitto. Anche qui, nessun commento o una parola per i 164 morti, che fino al giorno prima chiamavano “martiri”.
Comunque, ognuno pensa a chi vuole, in questi momenti di precaria serenità. Personalmente, di questi giorni di attesa e nervosismo io serbo un ricordo che mi terrò sempre nel cuore: la telefonata con il parroco di Gaza, che ho sentito ieri sera. Prima che sapesse della tregua padre Jorge mi ha detto: “In questi giorni io mi sento edificato dalla testimonianza dei miei parrocchiani, dalla loro fede, dal loro grande cuore. E io qui mi sento felice”. Colpisce come parla: usa il termine “edificato”, dopo che tutto, lì, è stato distrutto. Parla di come i suoi fedeli abbiano affrontato il dolore, la morte, la distruzione delle case. Di che esempio siano stati anche per lui, pastore del piccolo gregge di Gaza. E lo ripete: “sono felice – ti dico – felice, perchè so ch con me c’è a fianco Gesù”. Metto giù. Certo, c’è anche la possibilità che sia solo un pazzo. Ma se cosi’ fosse, vorrei esserlo anch’io. Pazzo, proprio come padre Jorge.



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