“Fuori, fuori, Morsi è come Mubarak”. Con gli stessi slogan urlati contro il rais durante tutto il periodo della cosiddetta primavera araba, migliaia di manifestanti sono tornati ad affollare piazza Tahrir per protestare contro il decreto con cui il presidente Mohammed Morsi si è attribuito poteri pressoché illimitati. Numerosi scontri sono stati registrati anche ad Alessandria, dove sono almeno 50 i feriti tra dimostranti e forze dell’ordine. “Lavoro per la stabilità economica e sociale e per il passaggio di poteri”, ha detto il presidente egiziano uscendo dal palazzo presidenziale. “Mi rivolgo a tutto il popolo egiziano. Ho vissuto come voi la corruzione, la dittatura e l’assenza di giustizia sociale. Ho sofferto come voi”, ha aggiunto rivolto ai suoi sostenitori. “Sono qui con voi, ma guardo anche agli altri. Lavoriamo insieme per salvare l’Egitto”. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Magdi Cristiano Allam, eurodeputato e presidente del movimento politico “Io amo l’Italia”.
Cosa pensa del decreto messo a punto da Morsi?
Considero questo fatto come una naturale conseguenza di una concezione dittatoriale del potere insita in un movimento religioso, quello dei Fratelli musulmani, che non fa riferimento alla democrazia ma alla sharia, alla legge coranica. L’obiettivo non è quindi quello di sviluppare la libertà, i diritti fondamentali della persona e di conseguenza nemmeno quello di promuovere una società che sia in grado di comprendere lo scenario mondale globalizzato.
E invece?
E’ quello di islamizzare la società e di sottometterla alle prescrizioni coraniche, quindi chi comanda in nome dell’islam deve controllare rigorosamente il potere per avere la certezza che il tutto si possa realizzare secondo la loro concezione. Il modello è sostanzialmente quello di Hamas nei territori palestinesi.
Sotto quali aspetti in particolare?
Nel 2005 Israele si ritirò unilateralmente e nel gennaio 2006 Hamas vinse le elezioni legislative, a seguito delle quali scatenò una guerra fratricida a Gaza con l’obiettivo di estromettere con la forza l’Autorità nazionale palestinese e imporre la dittatura islamica. Questo è il medesimo comportamento che oggi ritroviamo in Egitto con Mohammed Morsi.
Come può essere riuscito il leader dei Fratelli Musulmani a raccogliere un tale potere in così poco tempo?
Purtroppo l’Egitto è una Repubblica presidenziale quindi il Capo dello Stato ha il potere esecutivo e dunque la facoltà di esercitare un forte potere coercitivo. E’ un paradosso, ma dietro a tutto ciò che sta accadendo in Egitto, ma anche altrove in Medio Oriente, ci sono gli Stati Uniti d’America. Gli Usa hanno di fatto promosso e sostenuto la cosiddetta primavera araba, favorendo l’avvento al potere degli integralisti e degli estremisti islamici, considerati interlocutori legittimi.
Con quale risultato?
Il risultato è che oggi gli Stati Uniti, ma anche l’Occidente nel suo insieme, sostengono un processo non democratico, ma autoritario e con connotazione islamica. Proprio grazie all’aiuto economico garantito dagli Stati Uniti, senza cui l’Egitto si troverebbe in seria difficoltà, Morsi riuscì prima a mettere all’angolo l’esercito, da sempre garante della laicità delle istituzioni, mentre adesso sta di fatto svuotando la democrazia dei propri contenuti imponendo in modo spudorato la dittatura di stampo islamico.
Le proteste di queste ore potranno rivelarsi utili a qualcosa?
Non si può confinare tutto il discorso all’ambito politico, così come è stato un errore farlo nel 2011. Bisogna dire che l’Egitto è un Paese povero, in cui il 40% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, dove il livello di analfabetismo è molto alto e dove i giovani, che rappresentano il 70% della popolazione, non hanno la possibilità di trovare un qualsiasi posto di lavoro. Nelle proteste a cui stiamo assistendo, quindi, è evidente che si mescolano tutti questi motivi: sono tantissimi i giovani, frustrati e disoccupati, che vedono tutte le belle aspettative del dopo Mubarak scomparire in un colpo solo.
Come crede si risolverà l’intera vicenda?
Dipenderà ancora una volta dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, il principale donatore dell’Egitto di aiuti alle imprese e allo sviluppo. Qualora l’Occidente dovesse decidere di sostenere Morsi, probabilmente lo aiuterà affinché possa almeno contenere la situazione. Se ciò non dovesse accadere, allora la stabilità interna verrebbe seriamente minacciata.
(Claudio Perlini)