Di fronte alle accese proteste contro la legge sui matrimoni gay, il presidente francese François Hollande non ha trovato di meglio da fare che proporre come compromesso l’obiezione di coscienza per i sindaci che non vogliono celebrare le nozze. Hollande ha spiegato la proposta sottolineando che “la legge si applica a tutti, nel rispetto tuttavia della libertà di coscienza. La possibilità di delegare esiste e può essere allargata”. Ilsussidiario.net ha chiesto ad Andrea Nicolussi, docente di Diritto della famiglia e dei minori nell’Università Cattolica di Milano, di illustrare il contesto normativo e giurisprudenziale in cui si inserisce l’attuale dibattito in corso in Francia.
François Hollande sembra voler prendere a prestito dalla legge sull’aborto l’idea di contemplare l’obiezione di coscienza anche per quanto riguarda le nozze gay.
Nei confronti dell’aborto c’era stata una condivisione generale sul fatto che un’innovazione di questo tipo si potesse compensare con una obiezione di coscienza. La situazione attuale relativa alle nozze gay in Francia è in parte diversa.
Per quali motivi?
La questione è molto dibattuta, anche se personalmente ritengo che l’obiezione di coscienza avrebbe tutt’altro valore se fosse riferita al caso delle adozioni da parte delle coppie omosessuali nelle quali è in gioco un diritto fondamentale del fanciullo. Diverso è il caso del matrimonio, che oggi in Francia come in altri paesi è divenuto ben altra cosa rispetto al matrimonio-istituzione fondativa della famiglia tutelata dalla nostra Costituzione. La sua disciplina lo ha svuotato progressivamente di contenuto, trasformandolo in un contratto a facile recesso, e trovo che il compromesso che Hollande vorrebbe raggiungere, garantendo l’obiezione di coscienza ai sindaci, rischi di essere un rimedio problematico quanto la ferita che cerca di sanare.
Quali problemi apre il fatto di consentire l’obiezione di coscienza per un pubblico ufficiale come il sindaco?
Francamente mi lascia perplesso che un pubblico ufficiale quale un sindaco possa fare obiezione di coscienza di fronte a un atto dovuto come il matrimonio, che in buona sostanza è dovuto al cittadino da parte della pubblica amministrazione. Si tratta però di un tema rispetto a cui è difficile prendere posizioni troppo nette. La proposta di Hollande, quale che ne siano le intenzioni, ha indubbiamente un aspetto positivo.
Quale?
In questo modo il presidente francese ammette che il matrimonio omosessuale è un passaggio significativo anche dal punto di vista etico, in quanto riguarda le coscienze delle persone che ne sono coinvolte. Tuttavia si introdurrebbe un’obiezione di coscienza per un atto, come quello del pubblico ufficiale nel matrimonio, rispetto al quale il sindaco è di per sé un soggetto che accerta la regolarità dell’atto, ma non costituisce l’atto nel senso pieno del termine.
In che senso?
Il matrimonio è un atto compiuto dagli sposi, in cui quello che conta è il loro consenso. Ipotizzare che il primo cittadino possa fare obiezione di coscienza significa aprire ad una serie di opzioni simili nell’ambito delle attività di un pubblico ufficiale, e ciò è un fatto di per sé problematico.
In che cosa sono diversi un medico contrario all’aborto e un sindaco che non condivide le nozze gay?
L’obiezione di coscienza del medico nei confronti dell’eutanasia o dell’aborto è chiaramente riferita a un valore fondamentale come la vita contro il quale il medico sarebbe chiamato ad effettuare un’azione diretta. Fare altrettanto nei confronti di un’istituzione come il matrimonio, che in svariati Paesi si sta molto privatizzando e riducendo a una formalità, rischia di non essere una vera soluzione dei problemi sollevati da quanti non condividono le nozze gay. Comprendo e ritengo interessanti le implicazioni culturali della proposta di Hollande, ma da un punto di vista giuridico ritengo che debba esservi maggiore prudenza.
Ma il sindaco, oltre a un pubblico ufficiale, non è anche un politico?
Sì, ma questa argomentazione rischia di risultare un po’ troppo formalistica. E’ vero che il sindaco è eletto ed espleta le sue funzioni in piena discrezionalità quando rientrano nell’ambito politico. Ma quando si tratta di compiere atti dovuti come presenziare a una cerimonia nuziale, è esattamente come un pubblico ufficiale qualsiasi. E’ difficile quindi che possa mettersi a compiere esercizi di discrezionalità politica, come rifiutarsi di celebrare delle nozze ammesse dalla legge perché non condivide questa estensione dell’idea di matrimonio.
Per quale motivo ritiene che invece le adozioni gay siano un caso diverso?
Perché entra in gioco l’interesse di un soggetto minore, in generale non coinvolto nella decisione in quanto l’adozione è decisa dagli adulti per dare seguito al proprio desiderio di famiglia. In un caso come questo, i sostenitori dell’obiezione di coscienza hanno qualche ragione in più.
(Pietro Vernizzi)