Sono riusciti, dopo due settimane di fallimenti, ad accordarsi. Nella notte, i 17 Paesi dell’Euro e il Fmi hanno convenuto le misure da adottare nei confronti della Grecia. A partire da un’amara considerazione: il Paese, a ridurre il rapporto debito/Pil al 120% entro il 2020, non ce la farà mai. Basti pensare che l’anno prossimo sarà al 190%. Vada per il 124% nel 2020, hanno stabilito. Ora, saranno tagliati gli interessi sui prestiti bilaterali, saranno sospesi i pagamenti degli interessi sui titoli di Stato, che godranno anche di un allungamento delle scadenze e ridotti i costi delle garanzie da fornire all’Efsf. Tutto ciò sarà sufficiente per evitare quel disastro che, sotto varie forme, è tutto sommato già in atto? Secondo Teodoro Andreadis Synghellakis, corrispondente da Roma per la radio e la televisione greca Alpha, probabilmente no.



Cosa ne pensa dell’accordo?

Occorrerà vederne l’applicazione concreta e conoscerne i dettagli che ancora non sono stati resi noti. Sta di fatto che l’ipotesi di arrivare al 124% entro il 2020 lascia piuttosto perplessi. Si tratterebbe, infatti, di un risultato, attualmente, al di là delle forze del Paese. Finora, i calcoli della Troika, infatti, sono stati smentiti dal procedere dell’economia.



C’è modo di uscirne?

L’unico parametro che andrebbe seriamente preso in considerazione è lo sviluppo. Con esso, aumentando il denominatore, il rapporto debito/Pil potrebbe finalmente diminuire, temperando l’austerità sinora richiesta. Le misure adottate fino adoggi, quali, non ultima, il taglio del debito, se innestate su un tessuto economico a un passo dal baratro, fan sì che le speranze siano molto poche.

Il tessuto economico, da solo non riesce a riprendersi. L’Europa, dal canto suo, insiste con misure di austerità recessiva.

E’ proprio questo il problema. Occorrerebbe una rivisitazione totale delle politiche europee nei confronti d Atene. C’è da sperare che la presa di coscienza del fatto che, nonostante tutti i provvedimenti adottati, il rapporto debito/Pil abbia ripreso a salire vertiginosamente, consenta di fare marcia indietro. Altrimenti, il Paese è destinato alla morte economica.



E se la Troika dovesse chiedere nuovi tagli?

Se, nell’arco di 4-5 mesi dovesse farlo, la Grecia non sarebbe oggettivamente in grado di far fronte alla richiesta. Il Paese non è più in grado di tagliare neppure un euro.

Cosa dovrebbe fare l’Europa?

La Germania, anzitutto, dovrebbe adottare una politica più espansiva. Anche perché l’austerità sta iniziando a provocare il rallentamento pure della sa economia. L’Ue, dal canto suo, deve rimuovere alcuni dei vincoli che sono stati imposti. C’è da sperare, in sostanza, che prevalga la linea Hollande-Monti. Concretamente, occorre attuare nuovi investimenti. E fare dietrofront rispetto all’introduzione di questa forma di liberismo a oltranza che ha praticamente azzerato i diritti dei lavoratori: contratti di lavoro assenti, part-time da 2-300 euro, collaboratori che non prendono in contributi, disoccupazione al 30%.

Come sta reagendo la popolazione?

Fin troppo bene. Gli anziani stanno aiutando i più giovani e i vincoli di solidarietà familiare stanno rendendo la situazione meno insopportabile. Ci sono un milione di greci immigrati all’estero in due anni di crisi che, ogni volta che vengono intervistati, affermano di essere stati costretti a lasciare il Paese con la morte nel cuore. Nonostante avessero studiato e fatto tanti sacrifici, il Paese non è più in grado di offrirgli nulla.

L’uscita dall’euro è un’ipotesi tutt’ora presa in considerazione?

Credo che l’uscita o meno dall’euro si deciderà nei prossimi 4-5 mesi. Se il nuovo accordo per diminuire il rapporto debito/Pil comporterà anche nuovi investimenti, se ripartirà l’economia e se ci sarà un atteggiamento meno punitivo da parte del nord Europa, forse l’uscita sarà scongiurata. Non dimentichiamo, tuttavia, che vale più la vita delle persone che qualunque accordo di natura monetaria-economica.

 

(Paolo Nessi)

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