La lunga notte del voto americano, in cui si decide il futuro presidente degli Stati Uniti. Il quadro che si ha in queste ultime ore è quello di un paese diviso esattamente in due tra Obama e il suo rivale Mitt Romney.
Ilsussidiario.net ha chiesto a vari rappresentanti americani la loro opinione su questo voto, ad esempio l’ex senatore democratico Dennis Webster DeConcini. Come si sa, ci sono alcuni stati, circa otto, che sono fondamentali per la vittoria finale. Secondo DeConcini “leggendo i sondaggi e parlando con la gente visto che sono un ex politico, mi sembra di capire che Romney sia avvantaggiato nei sondaggi in Ohio, Wisconsin, Colorado e Iowa. Romney sembrerebbe in vantaggio anche in Florida e Virginia. Questi stati spesso fanno la differenza perché non è il voto popolare che conta ma il collegio elettorale, il che significa che se un candidato vince il voto popolare in uno stato tutti i voti elettorali andranno a quel candidato”. DeConcini spiega nel dettaglio l’importanza del voto in questi stati: “Molti stati come quello in cui vivo io, l’Arizona, sono conosciuti come stati a maggioranza repubblicana, mentre altri stati come la vicina California sono stati a maggioranza democratici. In questi stati è risaputo come voterà la gente, ma la campagna si è focalizzata in circa otto stati che potrebbero fare la differenza nel voto elettorale. Così che potrebbero decidere l’elezione, fosse già stanotte o domani nei prossimi gironi, quando si conteranno i voti”.
L’ex senatore spiega anche quel è l’argomento fondamentale a cui guardano gli elettori americani per decidere chi votare: la crisi economica. “Personalmente sono a favore di Obama. Però va detto che abbiamo avuto una situazione economica molto difficile in tempi recenti come in Italia o in Europa” spiega DeConcini. “Ed è un argomento molto sentito dalla gente. Spesso nel nostro paese la gente vota per quel candidato che pensano aiuterà a risolvere i problemi economici. Obama ha fatto molte cose positive per l’economia in particolare salvando l’industria automobilistica. Allo stesso tempo però ha creato un grosso debito pubblico che va ripagato. Romney sostiene che non dobbiamo spendere molto. Il popolo americano è in seria difficoltà nel capire chi dei due candidati risolverà la situazione economica”. Una situazione in bilico dunque: “Personalmente penso che lo potrà fare Obama, ma non sarà facile. La ragione per cui credo che Obama possa vincere è che Romney rappresenta troppo quell’area repubblicana simile a quella di George W. Bush, cioè da dove è nata la recessione e la crisi economica. E’ vero che essa è avanzata durante la presidenza Obama, ma Romney ha proposto le stesse strategie economiche che ci hanno portato alla crisi”.
Secondo John Samples, direttore del Center for Representative Government (Centro per il governo rappresentativo) del Cato Institute, contattato anche lui da Ilsussidiario.net, non c’è grande differenza tra i due candidati per quanto riguarda la politica estera. Per Samples, “Romney ha dichiarato che sarà più deciso nel sostenere e difendere Israele, ma non è chiaro se cambierà di molto l’attuale atteggiamento americano. Anche per quanto riguarda l’Europa è difficile immaginare grandi cambiamenti. La differenza principale è forse la minore popolarità in Europa di Romney rispetto a Obama, ma è difficile capire come questo possa trasformarsi in una diversa politica.
Aggiunge poi che “l’interesse del Presidente per l’Europa dipende da quanto ritiene che l’Europa sia importante per gli interessi americani. Anche se Obama considerasse l’Europa un ambito a lui favorevole e che lo appoggia, non credo che questo influenzerebbe il suo comportamento”. Sugli stati in bilico, Samples invece la pensa così: “Sembra probabile che Obama vinca in Ohio e penso che Romney potrà spuntare vittorie di stretta misura in Florida e Virginia. Romney per vincere ha bisogno di Virginia, Carolina del Nord e Florida, forse anche dell’Ohio, ma qui Obama sembra essere, come detto, in testa”.
Ed ecco l’opinione di Victor H. Fazio, eletto per sette volte consecutive nelle file dei Democratici come deputato: “Non prevedo alcun significativo cambiamento nella politica estera americana rispetto a quanto abbiamo osservato negli ultimi quattro anni. L’accento sarà messo soprattutto sulla ripresa economica e sul problema dei prezzi in tutto il mondo. Mi auguro che ci sarà un coordinamento economico crescente tra l’Unione europea e gli Usa. Da questo punto di vista non prevedo grandi novità rispetto al modo in cui finora abbiamo cercato di coordinare la politica monetaria e, con maggiori successi, la politica fiscale insieme ai nostri partner europei”.
Risorsa non disponibile