“Durante la campagna elettorale Romney è arrivato a paragonare i palestinesi ai selvaggi Nativi Americani, e Israele ai coloni inglesi che hanno portato la civiltà nel Nuovo Mondo. Parole offensive, che dimostrano come una sua vittoria non avrebbe fatto che peggiorare le cose per i palestinesi. Ma anche lo stesso Obama non ha fatto nulla per migliorare le cose”. Lo sottolinea il professore palestinese Wael Abuhasan, docente all’Arab American University di Jenin, commentando le conseguenze per il Medi Oriente delle elezioni negli Stati Uniti.



Professor Abuhasan, la rielezione di Obama è un fatto positivo per la Palestina e il Medio Oriente?

Subito dopo la sua prima elezione, Obama aveva promesso che si sarebbe impegnato per la causa palestinese e che avrebbe cercato di risolvere il conflitto con Israele. Di fatto però in quattro anni non ha fatto nulla. L’auspicio è che faccia quantomeno qualcosa per la Siria, la cui situazione è sempre più drammatica. Sono stati più apprezzabili i suoi sforzi in Egitto, dove Obama ha cercato di rafforzare le relazioni e risolvere alcuni problemi, impegnandosi inoltre per contrastare l’emergere del ruolo dell’Iran nella regione. La collaborazione di Obama con il governo egiziano è andata in questa direzione, e l’America ha inviato una delegazione in Egitto per stabilirvi relazioni commerciali. La somma destinata a queste iniziative è stata pari a 375 milioni di dollari.



Che cosa dovrebbe fare Obama per far progredire la pace tra israeliani e palestinesi?

A un certo punto i negoziati tra israeliani e palestinesi si sono interrotti. Secondo i palestinesi il motivo è che gli israeliani non hanno affrontato le trattative con sufficiente serietà, continuando a rimandare qualsiasi decisione e nel frattempo estendono il più possibile gli insediamenti dei coloni. Dal punto di vista israeliano invece la Palestina non è un vero partner per negoziati di pace. Personalmente ritengo che se il presidente Obama dovesse fare pressione su entrambe le parti, e specialmente sugli israeliani, il processo di pace ricomincerebbe a fare dei passi in avanti, con la riapertura dei negoziati senza pre-condizioni da parte di nessuno.



Che cosa ne pensa del veto posto da Obama contro la richiesta della Palestina di essere riconosciuta come membro dell’Onu?

Ci sono state pressioni israeliane affinché Obama facesse quella scelta, e il presidente Usa ha accettato di piegarsi. L’America ha cercato quindi di scoraggiare la Palestina dal portare fino in fondo quei tentativi. I Tea Party, presenti massicciamente nel Congresso Usa, sono stati molto espliciti in questo senso, e hanno supportato l’agenda di Israele con una particolare forza.

 

Ritiene che Romney sarebbe stato un presidente migliore per le sorti della Palestina?

 

Dalle sue dichiarazioni in campagna elettorale è stato subito evidente che non sarebbe stato a favore dei palestinesi. Ha sottolineato il suo pieno sostegno a Israele, e ha paragonato la situazione dei Palestinesi a quella degli Indiani d’America. E ha aggiunto che, proprio come i pellerossa, i palestinesi sono primitivi nei loro comportamenti e nelle loro reazioni, contrapponendoli così al mondo civilizzato.

 

Non è stato esattamente un complimento …

 

Infatti i palestinesi non speravano certo che vincesse Romney, pur essendo consapevoli del fatto che lo stesso Obama non avrebbe fatto granché per aiutarli.

 

Che cosa ne pensa dell’alleanza, confermata da Obama, tra Stati Uniti e Israele da un lato e Arabia Saudita dall’altra?

 

In quanto palestinese, ritengo che il comportamento di Stati Uniti e Israele sia caratterizzato dal fatto di avere due pesi e due misure. Da un lato Obama sta cercando di cambiare alcuni regimi nella regione e hanno sostenuto le rivoluzioni contro diversi dittatori, come Muammar Gheddafi e Bashar Assad. Ma che ne è della difesa americana della libertà e dei diritti umani quando si tratta dell’Arabia Saudita o di altri Paesi del Golfo, come gli Emirati Arabi, il Qatar e l’Oman? Evidentemente gli interessi Usa non consentono a Obama di prendere una posizione netta. La politica estera americana in Medio Oriente ha troppi punti oscuri. E lo stesso vale anche per Israele, che è un Paese democratico ma nello stesso tempo è in buone relazioni con Paesi dove vigono le peggiori dittature.

 

(Pietro Vernizzi)