Si è aperto questa mattina a Pechino, nella Grande Sala del Popolo di Piazza Tienanmen, il XVIII Congresso del Partito Comunista Cinese. L’atteso appuntamento politico segna ufficialmente la fine dell’amministrazione del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao, pronti a lasciare le redini della Cina nelle mani di Xi Jinping, 59 anni, futuro nuovo segretario generale del partito comunista. Per l’occasione sono presenti al Congresso oltre 2.300 delegati del Pcc, i quali nomineranno il Comitato Centrale che, a sua volta, dovrà nominare i 25 seggi del Politburo e rendere noti i nomi dei leader che siederanno nel Comitato Permanente. Durante il discorso di apertura il leader uscente Hu Jintao, dopo aver tracciato un bilancio dei suoi dieci anni di amministrazione, ha indicato alcune linee per il prossimo futuro. Analizziamo quindi i vari argomenti che verranno trattati fino a mercoledì prossimo, ultimo giorno di Congresso, insieme a Francesco Sisci, editorialista de Il Sole 24 Ore e già corrispondente per La Stampa a Pechino.
Di cosa si discuterà maggiormente durante questa settimana?
I maggiori punti di discussione riguarderanno in particolare le grandi riforme, politiche ed economiche, con queste ultime rivolte a una maggiore libertà del mercato.
Cominciamo da queste.
Le riforme economiche dovrebbero riguardare soprattutto un sostanziale ritiro dello Stato dall’economia, da una parte attraverso un intervento sui monopoli amministrativi, con l’obiettivo di lasciare maggiore libertà al mercato, dall’altra per eliminare o comunque limitare il potere delle grandi imprese statali che di fatto frenano il mercato e tolgono spazio a quelle private. Il secondo elemento, decisamente più complesso, riguarda invece il grande tema del futuro di cui in Cina si parla ormai da mesi, vale a dire quello delle riforme politiche.
Cosa può dirci a riguardo?
Il contenuto di queste riforme è ancora molto vago, quindi non si sa bene ancora di cosa si andrà a parlare e soprattutto che cosa annunceranno le autorità cinesi. Di certo, però, è chiaro quale potrà e dovrà essere l’orizzonte, vale a dire un nuovo impegno per colmare il divario strutturale e politico che attualmente esiste tra la Cina e il resto del mondo.
Come crede sarà possibile attuare questo progetto e quanto tempo ci vorrà?
Questo è un altro punto di fondamentale importanza, però dobbiamo tener presente che le riforme economiche in Cina cominciarono trent’anni fa attraverso annunci assolutamente modesti che tutti presero sottogamba: questi stessi annunci, in apparenza insignificanti, hanno poi trasformato non solo la Cina ma anche il mondo intero.
Cosa si può dire invece del passaggio di consegne tra vecchia e nuova leadership? Quali saranno le maggiori differenze?
E’ opportuno sottolineare innanzitutto che in Cina questi passaggi di leadership sono fatti per dare una continuità al sistema e non per creare fratture. In questo ambito non ci sarà quindi da aspettarsi grandi rivoluzioni, da una parte o dall’altra. Quello che forse potrà essere considerato un cambiamento riguarda soprattutto la sensibilità dei dirigenti, persone diverse che quindi probabilmente si comporteranno anche in maniera diversa.
Su quali aspetti in particolare?
Gli uomini della leadership uscente hanno sofferto tutti i grandi cambiamenti che la Cina ha attraversato nella sua storia: sono nati prima della fondazione della Repubblica cinese, sono cresciuti nel periodo del Grande balzo in avanti e hanno cominciato a lavorare con l’inizio della rivoluzione culturale. La loro vita ha dunque attraversato tutte le grandi mutazioni della storia della Cina di questi ultimi 60 anni.
Cos’ha di diverso la nuova leadership?
Coloro che arrivano adesso sono stati in qualche modo temprati, ma anche marchiati, dalla rivoluzione culturale. Questo contribuirà in qualche modo a renderli diversi.
In che modo?
Le precedenti generazioni, quella di Hu Jintao e Jiang Zemin, sono quelle dei cosiddetti tecnocrati, persone che hanno amministrato il Paese al meglio delle loro capacità. Al contrario Xi Jinping e Li Keqiang sono ex Guardie Rosse che da giovani facevano i rivoluzionari: è forse proprio questo il maggiore spirito che porteranno con sé nell’amministrazione della Cina.
(Claudio Perlini)