Il presidente siriano, Bashar Assad, ha concesso un’intervista alla tv “Russia Today” nel corso della quale ha sottolineato che non abbandonerà il potere neanche se in cambio gli fosse promesso di avere salva la vita. La proposta era giunta dal capo del governo britannico, David Cameron, nel corso della sua visita ad Amman in Giordania. Ma il dittatore siriano l’ha respinta senza pensarci due volte, rivendicando di volere vivere e morire nel suo Paese che ha definito “l’ultimo bastione del secolarismo nella regione”.



Assad ha reiterato le sue solite minacce, peraltro non nuove, giungendo ad affermare che un intervento straniero nel suo Paese provocherebbe ripercussioni che andrebbero addirittura dall’Oceano Pacifico fino all’Atlantico. Quindi il dittatore ha sottolineato che la rinuncia al potere potrà avvenire soltanto in base all’esito delle prossime elezioni. E ha aggiunto: “Se un presidente deve restare o andarsene è una questione che riguarda il popolo, e l’unico modo in cui la si può decidere è per mezzo delle urne elettorali. Non c’entra quello che si sente dire”.



Insomma l’ultima parola spetterà ai seggi, inclusa la decisione su chi debba essere il presidente siriano nel prossimo futuro. Assad ha giocato con le parole, ammettendo con un eufemismo che in Siria esistono della divisioni, ma negando che sia in corso una guerra civile. Anche se il rischio di una guerra a lungo termine esiste, e la colpa per Assad è soltanto dell’appoggio definito senza precedenti che l’Occidente fornisce ai ribelli. L’intera intervista è stato un alternarsi di eufemismi e di minacce. La guerra che ci si deve attendere in Siria – ha sottolineato – sarà dura e difficile. Damasco combatte contro l’intero Occidente, che attraverso i ribelli è presente in Siria “per procura”.



Ma se il flusso di armi dall’estero si fermasse, Assad è sicuro che sarebbe in grado di vincere la guerra nell’arco di poche settimane. A intervistare Assad è stata Sophie Shevardnadze, nipote dell’ex ministro degli Esteri sovietico ed ex presidente della Georgia, Eduard Shevardnadze. Come ricorda Alberto Negri su Il Sole-24 Ore, Mikhail Gorbachev scelse di inviare proprio Schevardnadze a Damasco per incontrarsi con Hafez Assad, padre di Bashar.

Quando era ministro degli Esteri sovietico, Shevardnadze comunicò ad Hafez Assad che Mosca non avrebbe appoggiato la Siria che puntava a sfidare Israele e a riprendersi le alture del Golan conquistate nel 1967 dagli stessi israeliani.