La votazione di ieri all’assemblea delle Nazioni Unite che con 138 voti a favore, 9 contrari e 41 astenuti, ha trasformato lo status dei palestinesi da semplici osservatori a Stato osservatore non membro, viene oggi celebrata, tranne poche voci fuori dal coro, come la più grande vittoria politica a cui i palestinesi potessero aspirare. La quasi totalità della stampa mondiale ha preferito guardare la faccia lucente della medaglia e nascondere il resto, cosa tipica quando si tratta di Palestina e palestinesi.



Detto questo mi prendo la responsabilità di spiegare anche quello che non viene detto in modo che i lettori possano avere un quadro più chiaro della situazione di ciò che è successo veramente e di quali potrebbero secondo me essere le conseguenze sia a livello regionale che internazionale. Il ruolo di osservatore alla Nazioni Unite era già da diversi anni in mano all’Organizzazione per la liberazione della Palestina, la famosa Olp del defunto Yasser Arafat. Oggi, dopo il tanto decantato voto, il nuovo status non comprende solo il partito Fatah di Abu Mazen, come in molti vogliono far credere, ma la Palestina tutta, compresa la striscia di Gaza dove Hamas, organizzazione considerata terroristica da gran parte dell’occidente, regna incontrastata e con il tallone d’acciaio della Sharia islamica dopo un colpo di stato “manu militari”.



Abu Mazen è si il presidente eletto ma la sua parola a Gaza, non è un mistero, conta meno di niente, e ora, anche vista la nuova situazione, saranno necessarie nuove elezioni presidenziali per capire chi sarà il nuovo inquilino della Muqata (Palazzo presidenziale palestinese di Ramallah) ed elezioni politiche per il nuovo parlamento. Come saranno le elezioni in quel lembo di dittatura che è diventata la striscia di Gaza? C’è qualcuno che in tutta coscienza si sente di assicurare che saranno libere e democratiche? Ci saranno osservatori internazionali o, come sempre accade, il mondo girerà la testa dall’altra parte facendo finta di niente? Nelle elezioni comunali svoltesi recentemente in Cisgiordania, nella quasi totalità dei comuni in cui si è votato hanno vinto i rappresentanti di Hamas.  



Questo è un chiaro messaggio e Abu Mazen sa perfettamente che le probabilità che Hamas porti a casa la presidenza e la maggioranza assoluta del parlamento sono altissime. A livello regionale, anche in caso di elezioni politiche regolari, a cosa assisteremo in Cisgiordania? È prevedibile, anche se non augurabile, la riedizione di ciò che accadde a Gaza quando diversi rappresentanti di Fatah furono uccisi durante il colpo di stato e quelli che ebbero salva la vita lo dovettero all’intervento, dove fu possibile, dell’esercito israeliano che li fece uscire dalla striscia e garantì loro il passaggio fino a Ramallah. 

E a livello internazionale? A livello internazionale forse il problema è ancora più grave perché alle Nazioni Unite, prima volta nella sua storia, ci troveremmo uno Stato osservatore non membro che all’articolo 7 dello statuto della sua maggiore forza politica presenta la jihad contro il sionismo come rispondente alle parole proferite dallo stesso Maometto, per le quali i musulmani combatteranno ed uccideranno gli ebrei: «Molti ostacoli siano stati posti di fronte ai combattenti da coloro che si muovono agli ordini del sionismo così da rendere talora impossibile il perseguimento del jihad, il Movimento di Resistenza Islamico ha sempre cercato di corrispondere alle promesse di Allah, senza chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto. Il Profeta – le benedizioni e la salvezza di Allah siano su di Lui – dichiarò: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo”». Per cui l’Onu si ritroverà ad aver accettato tra le sue fila uno Stato, quello palestinese, che ha tutta l’intenzione di distruggere un altro Stato, Israele, che fa parte dell’organizzazione. Cosa contraria alla Carta stessa delle Nazioni Unite. La figuraccia sarà cocente e correre ai ripari forse impossibile. 

Un altro aspetto che molti osservatori hanno messo sotto la lente di ingrandimento è la possibilità da parte del nuovo Stato non membro, la Palestina, di citare i governanti israeliani, gli ufficiali dell’esercito israeliano e i soldati stessi, per crimini di guerra davanti al Tribunale penale internazionale dell’Aia. Se questo aspetto è stato messo in luce, altri, seguendo il copione di sempre, sono stati nascosti, ad esempio il Tribunale dell’Aia interviene nel caso in cui la nazione in questione non abbia una magistratura indipendente che possa liberamente indagare sul comportamento dei politici, dei militari o di ogni altro organo dello Stato. Questo non si può dire di Israele, che a livello di libertà della magistratura può insegnare alla quasi totalità delle nazioni del mondo, dove un ex presidente della repubblica e tre ministri attualmente in prigione stanno lì a testimoniare che in Israele veramente nessuno è al di sopra della legge.

Poi, altro particolare nascosto, anche lo Stato ebraico può ora portare i dirigenti di Hamas e Fatah, che si sono macchiati di crimini contro l’umanità con un terrorismo che ha colpito indiscriminatamente la popolazione civile, davanti allo stesso tribunale e metterli davanti alle loro responsabilità. Non possiamo dimenticare che nel mondo civile la legge è uguale per tutti. Concludendo, poi, vedere Abu Mazen leggere un discorso pieno di odio e falsità davanti a un’assemblea festante è stato veramente un triste spettacolo, reso ancora più angosciante dalla considerazione che proprio lui, quaranta anni fa, fu l’ideatore e il finanziatore dell’attentato alle olimpiadi di Monaco 72 dove persero la vita undici atleti israeliani e un poliziotto tedesco.