Le violente manifestazioni di protesta che nella notte tra mercoledì e giovedì hanno provocato sette vittime e centinaia di feriti hanno infine convinto Mohamed Morsi a fare un passo indietro. Il presidente egiziano ha infatti annunciato il ritiro del contestato decreto costituzionale che di fatto gli conferiva poteri pressoché illimitati, anche se adesso l’opposizione chiede anche l’annullamento del referendum sulla nuova Costituzione, confermato per il 15 dicembre nonostante il ministero degli Esteri abbia già dato l’ordine alle ambasciate egiziane di sospendere le operazioni di voto all’estero. Convinta di trovarsi di fronte a una “manovra politica volta ad ingannare il popolo”, la coalizione all’opposizione si è recentemente riunita per valutare l’apertura del presidente, anche se l’orientamento generale sembra quello di continuare a protestare. Analizziamo gli ultimi sviluppi e i potenziali scenari futuri con Vincenzo Pace, docente di Sociologia della religione presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.
Professore, quanto cambia la situazione egiziana dopo il passo indietro di Morsi?
In realtà non cambia molto, però quanto deciso da Morsi è significativo perché conferma l’esistenza di un’opposizione all’interno della società egiziana che ha finalmente ritrovato una certa unità che mancava da tempo. Il presidente Morsi ha capito che non poteva semplicemente reprimere ogni protesta come avrebbe fatto qualsiasi altro dittatore e credo che i Fratelli Musulmani, con un certo realismo, abbiano intavolato una trattativa con il potere militare e che questo, viste le forti proteste, abbia di fatto imposto a Morsi di rivedere le sue posizioni.
Il referendum è però confermato per il 15 dicembre. Come interpreta questo braccio di ferro?
Significa che Morsi punta a vincere il referendum e che quindi, forte di un nuovo consenso, proverà a imporre le stesse posizioni che aveva già assunto. Serpeggia infatti la notizia che, se le proteste dovessero continuare, Morsi imporrà comunque una sorta di stato d’emergenza con cui di fatto si attribuirà dei poteri straordinari. Credo sia però un’illusione, perché la società civile egiziana appare molto agguerrita e difficilmente accetterà di essere presa in giro.
Cosa può dirci del referendum? In che modo cambierà la Costituzione?
Il punto fondamentale prevede di stabilire la legge coranica come principale fonte del diritto, quella che in passato ha dato luogo a numerose violazioni di diritti umani contro ogni oppositore, la figura femminile e così via. La questione della sharia, però, come in Tunisia e in altri Paesi, rappresenta un forte discrimine tra una visione ideologica dell’islam e l’approccio democratico dimostrato da molte formazioni politiche che non intendono fare un tale passo indietro dopo le lotte della primavera araba.
Quale esito prevede a un eventuale referendum?
Attualmente Morsi possiede circa un terzo dei consensi totali ed è diventato presidente perché al tempo si ritrovò di fronte a una evidente frammentazione dell’opposizione che, rispetto a prima, oggi appare invece più salda. Se l’opposizione riuscirà a dimostrarsi ancora più solida, quindi, potrebbe anche riuscire a ribaltare il risultato del referendum e quindi a far tornare a più democratiche posizioni i Fratelli Musulmani che, invece, danno proprio l’idea di voler forzare la mano.
Su cosa punteranno i Fratelli Musulmani per tentare di vincere il referendum?
I Fratelli Musulmani sono già convinti di poter contare su un solido consenso. Inoltre è probabile che potranno contare anche sull’esercito, il che è di fondamentale importanza. Ricordiamo infatti che, una volta destituito Mubarak, in Egitto il baricentro del potere politico, economico e militare è passato interamente nelle mani dell’esercito. Chiunque vincerà, quindi, dovrà comunque fare i conti con questa forza.
Possiamo aspettarci altre violente proteste in futuro?
Credo proprio di sì. C’è tutta una parte dell’opposizione che non vuole cadere nel tranello di doversi esprimere a favore o contro la sharia e che quindi cercherà di far saltare l’appuntamento elettorale di dicembre, visto che tra l’altro questo testo della Costituzione è stato approntato in pochissimo tempo e senza alcun dibattito. I presupposti per chiedere un annullamento ci sarebbero tutti e questo potrebbe portare a nuove proteste.
Nel caso in cui si andasse a modificare la Costituzione come cambierebbe l’Egitto? Tornerebbe tutto come prima?
Si tornerebbe a quella sorta di doppio regime che aveva imposto Mubarak, quindi ufficialmente democratico ma di fatto in mano a un’elite ideologicamente connotata secondo cui la vera Costituzione è quella che si basa sulla legge coranica. Resta il fatto che una tale forzatura poteva anche essere accettata con un dittatore ma, visto ciò che sta accadendo nella società civile egiziana, in cui ormai esistono evidenti segmenti democratici, una situazione di questo tipo rappresenterebbe una camicia di forza intollerabile che potrebbe facilmente scatenare nuove violenze.
(Claudio Perlini)