Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, riferendosi alla vicenda dei marò ha dichiarato che “l’auspicio ovviamente è quello di vedere la chiusura di questo caso in tempi brevissimi e sono sicuro che ci sarà”. Ieri il ministro si è incontrato con Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, e ha aggiunto: “Nella situazione di oggi, in questo momento, l’auspicio è che venga loro concesso questo permesso straordinario di recarsi in Italia per le festività natalizie”. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Enzo Cannizzaro, docente di Diritto internazionale all’Università La Sapienza di Roma.



Professor Cannizzaro, davvero come dice il ministro Di Paola i due marò torneranno presto in Italia?

Finora il governo italiano ha deciso di fare affidamento sulle procedure giudiziarie indiane, come è previsto dal diritto internazionale. Prima che uno Stato possa intervenire, occorre che siano esperite le procedure giudiziarie interne, a meno che queste ultime si trascinino a fini meramente dilatori. Ora siamo giunti al limite, e le procedure della magistratura indiana stanno incominciando ad avere carattere dilatorio. Non saprei dire quindi se la vicenda si chiuderà in breve tempo come ha detto il ministro, ma tenderei a essere pessimista.



Che cosa potrebbe fare l’Italia se la situazione non si dovesse sbloccare?

Lo Stato italiano potrebbe agire “in protezione diplomatica”, cioè intervenire sul piano internazionale adottando delle contromisure. Potrebbe proporre arbitrati, regolamenti giudiziari, compiere rappresaglie. Finora l’Italia si è astenuta da queste azioni.

Come valuta il modo in cui il ministro Terzi ha gestito la vicenda?

Il governo si è mosso con molta prudenza, anche perché non c’erano molte altre strade da percorrere se non quella dell’intervento unilaterale. Quest’ultimo potrebbe essere rappresentato da forme di pressione economica, ma prima di arrivare a esercitare queste ultime, che sono anche controproducenti per le imprese italiane, è bene esperire ogni tentativo. Peraltro l’India non sembra volere addivenire a una soluzione concordata. La cosa migliore sarebbe che l’Alta Corte dichiarasse l’assenza di giurisdizione indiana, ma i mesi passano e l’Alta Corte non si vuole pronunciare. Forse a questo punto si potrebbe adottare qualche forma di pressione un po’ più energica.



Fino a che punto la vicenda dei marò dipende dalle scelte autonome dei giudici indiani, e fino a che punto dipende da un’opzione politica da parte dell’India?

L’India è uno Stato federale, in cui le istituzioni decentrate hanno una larga sfera di discrezionalità. La stessa magistratura indiana è indipendente, e quindi il governo di Nuova Delhi forse non può fare moltissimo. Non ha fatto però neanche quel poco che poteva, in quanto la questione riguarda i rapporti internazionali dell’India, sui quali vi è una competenza del governo indiano.

 

Quindi la vicenda dei due marò è o meno una questione anche politica?

 

Le questioni della giurisdizione sono politicamente molto sensibili. Per esempio quando in Italia nel 1998 accaddero gli eventi del Cermis, con 20 persone che morirono perché un aereo militare Usa tagliò i cavi di una funivia, l’opinione pubblica italiana reagì in modo molto negativo alla declaratoria di assenza di giurisdizione italiana. Quando un fatto criminoso avviene nel territorio di una comunità, quest’ultima si sente offesa da quel fatto e vuole esercitare la giurisdizione. Il diritto internazionale invece ha delle regole diverse, per cui la giurisdizione può essere declinata. Per la comunità presso cui il crimine è stato commesso la mancanza di giurisdizione appare come una sorta di impunità. L’India ritiene quindi che consegnare i marò all’Italia sia sinonimo di impunità, così come l’Italia ha vissuto come una ferita il fatto che non sia stata esercitata la giurisdizione del nostro Paese nei confronti dei piloti americani responsabili del caso del Cermis.

 

Che cosa c’entra il caso del Cermis con la vicenda dei due marò?

 

E’ un esempio per esprimere quanto sia delicata quest’ultima vicenda per l’opinione pubblica indiana. Ma anche per il diritto internazionale è una questione vitale. Se dei militari impegnati in una missione ufficiale sono soggetti alla giurisdizione di uno Stato straniero per eventi occorsi in alto mare, questa è una chiara violazione del diritto internazionale.

 

Un tempo l’Italia era una potenza internazionale, oggi il suo ruolo è molto ridimensionato mentre l’India conta sempre di più e dispone anche della bomba atomica. Quanto influisce questo fatto sulla vicenda dei due marò?

 

Forse il punto è proprio questo. L’India ritiene di essere una potenza internazionale. L’Italia se mai lo è stata, oggi lo è di meno. L’India non intende soddisfare le ragioni italiane perché ritiene che la sua comunità sia ferita da quell’episodio, e quindi chiaramente non vuole osservare una norma del diritto internazionale nei confronti dell’Italia. Il nostro Stato non ha molti mezzi di azione, se non delle contromisure economiche. L’India è un importante partner economico, ha una potenza economica che verosimilmente non sarebbe scalfita da contromisure italiane e quindi questo giustifica la fase di empasse. A mio avviso è il momento di fare qualcosa di più.

 

(Pietro Vernizzi)