È il trionfo del doppio discorso. Dei doppi significati. Delle doppie assonanze. Insomma, il trionfo dell’inganno. Il colpo di mano dei Fratelli Musulmani nella costituente egiziana, al fine di introdurre la sharia come fonte del diritto egiziano, non deve sorprendere perché la tecnica usata è assai conosciuta, almeno per chi finora non si è lasciato, per volontà o ignoranza, abbindolare dallo specchietto della Primavera Araba. Nessuno può disconoscere che nella Costituzione di Mubarak, ovvero quella in vigore fino ad oggi ma in alcune sue parti sospesa, sia esistito fin dall’inizio il riferimento alla sharia. E fin qui rimaniamo nel solco di un rapporto piuttosto equilibrato fra Cesare e Dio. Il tranello arriva con il cosiddetto “combinato disposto”, che i giuristi italiani ed europei conoscono bene. Due o più norme di un testo, costituzionale o giuridico che sia, combinate insieme producono un effetto straordinariamente differente da quello che produce ognuna di queste, se analizzata da sola. Ed è così che l’articolo due della bozza costituzionale in particolare, combinato con altri due articoli, produce l’effetto sperato dai Fratelli Musulmani. Vediamo nel dettaglio di cosa stiamo parlando e perché esso sia così strettamente connesso con l’abbandono della Commissione da parte di laici, liberali e minoranze cristiane, prontamente sostituite da altrettanti estremisti al fine di arrivare al quorum; la sharia, secondo la bozza, è principale fonte del diritto egiziano, in casi particolari si può chiamare in causa il gran Imam di al-Azhar e dulcis in fundo, il rinvio al Corano e al parere dei primi Ulema del paese. E su tutto questo, come oscura cornice, il decreto con cui Morsi si arroga lo strapotere in Egitto, diventando a tutti gli effetti non un Faraone, come alcuni hanno detto, ma piuttosto il reggente di una tirannia oscurantista a base di integralismo islamico. La Commissione, che ha visto l’abbandono dei liberali e dei moderati, oltre che dei cristiani, memori di cosa significhi essere tenuti in schiavitù da un regime così come si prospetta, ha segnato un punto di rottura.



Guardando a piazza Tahrir, in cui i giovani che nutrono le loro stesse idee si fanno sparare pur di tentare la via della libertà, coloro che ieri hanno lasciato in segno di protesta la costituente sanno bene di andare allo scontro con la peggiore delle dittature.

Mentre parliamo, il presidente egiziano Morsi, che ieri sera ha parlato al Paese inscenando la solita solfa dei poteri a tempo, sta già preparando il referendum confermativo della bozza costituente, che avrà luogo fra un paio di settimane. Che decreterà, se raccoglierà il consenso popolare, la trasformazione dell’Egitto in uno Stato confessionale. In cui non più solo lo stretto privato, ma anche buona parte del pubblico sarà assoggettata alla legge sharitica. La domanda che spesso mi faccio è se chi dall’Europa e da oltre Oceano ha sponsorizzato questo scempio avesse ben chiaro a cosa stava mandando incontro il mondo arabo e in questa circostanza l’Egitto. A questo punto credo di si, perché non voglio pensare che i grandi statisti, o presunti tali, del nostro secolo agiscano in base al caso o a considerazioni del momento. Il mondo arabo è stato venduto all’integralismo e ai Fratelli Musulmani. E il popolo moderato, moderno, laico e rispettoso dei diritti di uguaglianza, che ha vissuto così per decenni, ha ricevuto l’ennesimo inganno dall’Occidente, che lo ha barattato per la propria sopravvivenza. Ed è proprio questo che i manifestanti in Piazza Tahrir, quei giovani che un anno fa avevano dovuto cedere il campo sotto la minaccia dei militari e dei Fratelli Musulmani, gridano a gran voce: ci avete ingannato, da Mubarak a Morsi nessuna libertà, solo buio. Dice, proprio in questi giorni, la scrittrice più famosa d’Egitto, Nawal El-Saadawi: “Si può educare all’esercizio della libertà, della giustizia e della dignità fin dall’infanzia, infondendolo nella mente e nella coscienza”. I Fratelli Musulmani, al Cairo e in ogni dove governino, rappresentano l’esatta negazione di queste parole, la lacerazione di questo processo di creazione della libertà e della dignità, che oggi a Piazza Tahrir, dimenticati da tutti e anche dall’Europa, i giovani e le donne rivendicano, prima di morire sotto i colpi della repressione dei “liberatori” d’Egitto.   



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