Secondo fonti non ancora ufficiali, il secondo turno del referendum popolare sulla bozza di nuova Costituzione, iniziato l’altro ieri in Egitto, si è concluso con un’ampia vittoria dei “sì”. Il documento sarebbe stato approvato dal 63 per cento degli elettori che si sono recati alle urne (nel primo turno la maggioranza era stata del 57 per cento). Un’altissima percentuale di astensioni pesa come un macigno sull’esito di tale referendum, alla vigilia del quale il presidente Mohamed Morsi ha tra l’altro subito due duri colpi. Si sono infatti dimessi a breve distanza l’uno dall’altro il vicepresidente Mahmud Mekky e il governatore della Banca centrale dell’Egitto Faruq el Hoqda; quest’ultimo per divergenze riguardo alla prospettata svalutazione della lira egiziana.
Nel tentativo di mediare fra l’orientamento islamista delle forze che ne hanno con successo sostenuto l’elezione e le pressioni dell’Occidente (senza i cui aiuti l’economia egiziana sprofonderebbe nel marasma) Morsi ha patrocinato una bozza di Costituzione ove ad esempio si stabilisce che se la Sharia, ossia la legge coranica, è la principale fonte di diritto per i musulmani, le loro rispettive tradizioni giuridiche sono la fonte principale di diritto per i cristiani e gli ebrei. Questo significa che, specificamente in tema di diritto matrimoniale e di diritto ereditario, ognuna di queste “famiglie spirituali” si autoregola. In linea di principio la cosa è meno strana di quanto a noi potrebbe sembrare. Spesso è già così nel Vicino e Medio Oriente. Ad esempio in Siria in materia appunto matrimoniale ed ereditaria per i cattolici valgono i tribunali ecclesiastici, che giudicano in base al diritto canonico e al diritto ecclesiastico. E le loro sentenze hanno valore anche civile. Nel contesto attuale dell’Egitto, caratterizzato da una crescente influenza islamista, ciò tuttavia gioca a favore di una ghettizzazione de facto dei cristiani, che sono almeno il 10 per cento degli abitanti del Paese, per non dire della minuscola e assediata minoranza ebraica. E ad ogni modo, a parte questo regime di giurisdizioni personali separate, pesa il fatto che i non musulmani finiscono per essere esclusi dalle maggiori cariche pubbliche.
Al di là poi della lettera della bozza di nuova Costituzione, non può che preoccupare il processo di crescente polarizzazione della società egiziana, che è purtroppo l’imprevisto ma comunque principale esito di lungo periodo del processo messo in moto dalla “primavera araba”. Due grosse minoranze militanti tra loro opposte, l’una “laica” e l’altra “islamista”, stanno assumendo posizioni sempre più marcate e intransigenti prendendo per così dire in mezzo quella gran massa degli egiziani, gente delle periferie urbane e soprattutto dei piccoli centri e delle campagna, che da sempre deve fare soprattutto i conti con una precarietà se non con una miseria ora ulteriormente aggravate dalla crisi economica internazionale in atto. In un contesto a maggioranza musulmana – e dove dunque l’idea di laicità dello Stato e della vita pubblica (che è tipicamente di matrice cristiana) fatica molto a germogliare – le difficoltà del tempo in cui viviamo, tanto più pesanti in un Paese mediamente poverissimo, possono facilmente provocare tensioni sociali catastrofiche.
E se anche la lettera della nuova Costituzione fosse meglio di come si prospetta, poi nella realtà della vita quotidiana per i non-musulmani le cose purtroppo non migliorerebbero molto. Che cosa allora possiamo fare noi, da questa parte del Mediterraneo, per sostenere la causa della libertà in Egitto e negli altri Paesi arabi? A mio avviso dobbiamo aiutarli lealmente nel cammino sulla via dello sviluppo nell’interesse loro, ma anche nell’interesse nostro. E nel frattempo beninteso dobbiamo anche fare tutto il possibile per sostenere con discrezione chi sul posto lavora in questo senso. Stando però bene attenti a non esporre coloro che sosteniamo al rischio di venire considerati dai connazionali come dei cavalli di Troia dell’Occidente.
Per tutto questo tuttavia occorre avere la testa girata non solo verso Bruxelles.