E’ ormai diventata il simbolo delle persecuzioni nei confronti dei cristiani di tutto il mondo. E’ Asia Bibi, la quarantacinquenne pachistana con cinque figli, condannata all’impiccagione per blasfemia: arrestata nel 2009, in un villaggio del Punjab, accusata di aver pronunciato, nel corso di una lite con delle colleghe di lavoro, frasi ingiuriose nei confronti del profeta Maometto, è stata immediatamente processata e condannata a morte. Del suo caso si era interessato Shahbas Bhatti, ministro per le minoranze religiose, che aveva sostenuto la liberazione di Asia e l’abolizione della Legge sulla blasfemia: il cristiano Bhatti, però, è stato assassinato. Il fratello, Paul Jacob Bhatti continua la lotta iniziata dal fratello ma, contattato da IlSussidiario.net si dice profondamente deluso dalla gestione del caso, dovuta, soprattutto, ad un’interferenza straniera che rischia di essere, più che d’aiuto ad Asia, tragicamente dannosa.
Come si sta evolvendo il caso di Asia Bibi?
Personalmente, non sto seguendo il caso poiché la famiglia di Asia Bibi non ha chiesto al Ministero per le minoranze religiose del Pakistan, presso cui lavoro, di occuparsene. Non abbiamo ricevuto alcuna delega e nemmeno la richiesta di trovare un avvocato che segua il caso presso la Corte Suprema. Del Resto, ora è un caso strettamente legale sebbene la vicenda sia nelle mani di molte Ong che non stanno facendo il bene di Asia gestendo il caso in un modo che non troverà mai una soluzione.
Perchè?
Le molte Ong che stanno curando il caso, innanzitutto, applicano strategie differenti. Alcune raccolgono firme, altre chiedono di inviare denaro. Questo disorienta la gente e, francamente, non è il modo di risolvere il problema.
Le Ong non stanno lavorando in maniera fattiva per la liberazione della donna?
Certo, stanno lavorando ma nel modo sbagliato. Vorrei tanto sbagliarmi ma la mia opinione è che il caso di Asia sia diventato un business. Le Ong, soprattutto in questo periodo, stanno intensificando la loro “pubblicità”. Hanno pubblicato articoli su come la donna avrebbe trascorso il Natale e hanno fatto interviste ai suoi cinque figli e al marito pubblicandole ovunque: un disegno per poter raccogliere più soldi possibili. Sensibilizzare le persone in questo modo non serve a nulla.
Il Governo o il Parlamento non possono intervenire?
Asia Bibi ormai è stata condannata e le uniche persone che si sono opposte a questo, mio fratello Shabbas e l’ormai ex Governatore del Punjab, sono stati assassinati. Questo significa che il Governo ha le mani legate e non è in grado di dirimere il caso senza la sentenza. Il Parlamento non può intromettersi in una sentenza della Corte Suprema. Nemmeno il Presidente della Repubblica pakistana può intervenire, date le condizioni politiche e religiose.
Non c’è davvero, secondo lei, una via d’uscita?
L’unico modo sarebbe quello di mettere in campo strategie mirate alla discussione: innanzitutto, occorrerebbe stabilire un dialogo fra gli avvocati di Asia e quelli delle persone che la accusano. Il passo successivo sarebbe quello di mettere attorno ad un tavolo i rappresentanti dei gruppi religiosi che caldeggiano la condanna. Tutto questo sarebbe da fare subito perchè le Ong stanno peggiorando la situazione.
Ci spieghi meglio.
Le voci insistenti che circolano in Pakistan è che le organizzazioni non governative stiano usando la famiglia per raccogliere fondi facendo una brutta pubblicità al Paese. Stanno dipingendo il Pakistan come una nazione barbara e retrograda e i pachistani sono molto irritati per questo. In tv ci sono interviste in cui dicono che i rappresentanti del Governo non fanno nulla e che abbiamo paura di ritorsioni.
Non è così?
No, affatto. L’unico che dovrebbe temere qualcosa dovrei essere io, ma resto tranquillo. E le assicuro che i bambini sono al sicuro: se qualcuno voleva ritorcersi contro di loro, l’avrebbe già fatto. Quelle messe in atto dalle Ong sono inutili scenate che stanno facendo innervosire i maggiori rappresentanti religiosi. Dicono che se ne sta occupando l’Occidente. In che modo se ne sta prendendo cura, raccogliendo soldi per chi? Pensare che all’inizio del caso, Asia era stata a casa nostra con tutta la sua famiglia. Mio fratello li ha aiutati in tutti modi, anche economicamente.
Da allora, nessuno della famiglia di Asia vi ha contattato?
Non ho più avuto notizie sebbene io abbia chiesto più volte di occuparmi del caso. Vedo il marito che va spesso in tv e fa appelli per raccolte di fondi dicendo che sua moglie sta male. In Spagna è stato addirittura insignito di onorificenze. Alla maggioranza del popolo pachistano interessa la liberazione di Asia Bibi ma non in questo modo. Non gettando fango sulla nostra nazione.
In Occidente, la vicenda di Asia Bibi è vissuta con molta apprensione. E’ diventata il simbolo dell’intolleranza religiosa nei confronti dei cristiani.
Questo è un dato di fatto ma la società pachistana è profondamente differente da tutte quelle occidentali. Non è possibile pensare di risolvere la vicenda seguendo una modalità che non fa parte della nostra cultura. In Pakistan il 60% della popolazione è analfabeta, non legge i giornali e si affida moltissimo ai gruppi religiosi. Dobbiamo tentare di venirne a capo con le nostre risorse. In modo più lento e lavorando in maniera determinata, ma dall’interno. Non serve alzare la voce perchè può essere pericoloso per gli altri cristiani. Vorrei che fossero i musulmani stessi a scendere in campo e partecipare attivamente alla liberazione di Asia Bibi.
In che modo è possibile attuare tutto questo?
Solo attraverso il dialogo inter-religioso e non attraverso spot e frasi ad effetto.