“La magistratura indiana sta portando avanti le indagini sui marò in modo molto sbrigativo e sulla base di un presupposto errato: che la legge da applicare sia quella indiana, e non invece quella italiana. All’origine di questo atteggiamento c’è una motivazione politica: l’India sta emergendo come una grande potenza sullo scenario internazionale, e vuole dimostrarlo al mondo in occasione di questa crisi diplomatica”. A rivelarlo, nel corso di un’intervista a Ilsussidiario.net, è Maurizio Salvi, corrispondente dell’Ansa da Nuova Delhi. La vicenda intanto si fa più intricata, con le autorità indiane che hanno deciso tre giorni di fermo giudiziario per i due marò del reggimento San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di avere ucciso due pescatori. La magistratura lavora sotto una forte pressione dell’opinione pubblica, con un centinaio di persone che ieri hanno manifestato davanti alla casa del giudice che dovrà decidere della sorte dei marò, al grido di “Italiani mascalzoni! Dateci i colpevoli!”.
Che idea si è fatto sulle due versioni discordanti fornite dai marò e dai pescatori?
L’ipotesi secondo cui la petroliera italiana “Enrica Lexie” non avrebbe incontrato il peschereccio St. Anthony, ma un’altra imbarcazione di pirati, è ancora oggi sul tavolo delle parti e della magistratura e non c’è una risposta certa. Per il momento le autorità indiane continuano a sostenere che non esiste nessun equivoco e che i due pescatori sono stati uccisi dai fucilieri della San Marco presenti sulla petroliera. Le autorità italiane continuano a insistere da parte loro sul fatto che i resoconti e le testimonianze rilasciate da una parte dai pescatori e dall’altra dai fucilieri sono largamente discordanti. E questo sia sulla descrizione delle imbarcazioni, sia sui tempi dello scontro.
L’arresto dei marò è conforme al diritto internazionale?
Anche qui esistono due impostazioni. Innanzitutto, non è un arresto ma è una custodia giudiziaria, che secondo la legge indiana può portare all’arresto su decisione del magistrato al termine dell’interrogatorio dei marò. Gli italiani continuano a sostenere che, poiché l’incidente è avvenuto in acque internazionali, la legislazione prevalente deve essere quella della nave di cui batteva la bandiera, cioè quella italiana. Le autorità italiane non riconoscono quindi l’impostazione indiana. E addirittura, ma questo non è stato formalizzato, l’Italia potrebbe avanzare una copertura diplomatica anche per i militari, perché la loro presenza a bordo era stata approvata dallo Stato italiano attraverso una legge del Parlamento.
Che cosa ne pensa del modo in cui le autorità indiane stanno conducendo le indagini?
Si tratta di un modo molto spiccio. Le autorità indiane stanno procedendo sulla base della convinzione di dover applicare il diritto indiano, cioè la territorialità indiana che prevarrebbe perché il peschereccio è indiano e i morti sono indiani. Anche se non insistono più sul fatto che l’incidente sarebbe avvenuto in acque territoriali. Tuttavia, gli indiani finora non hanno mostrato alcun tentennamento sulla legittimità della loro procedura giudiziaria. Secondo loro, l’Italia dovrebbe quindi prendere per buono ciò che stanno compiendo le autorità del Kerala. Il magistrato però potrebbe anche prendere una decisione diversa, sulla base delle argomentazioni e delle prove che saranno presentate in queste ore.
Se la Enrica Lexie era in acque internazionali, perché ha accettato di attraccare a Kochi?
Per uno stratagemma utilizzato dalla Guardia costiera indiana, che ha lanciato alle navi che erano in rotta nella zona un appello per verificare se qualcuno fosse stato attaccato dai pirati. Il capitano Umberto Vitelli, convinto di avere appena subito un attacco, ha risposto in modo affermativo. A quel punto la Guardia costiera ha chiesto al capitano di invertire la rotta e rientrare per verificare se un battello che era stato catturato era lo stesso che li aveva attaccati. Il battello era invece il peschereccio, nel quale erano stati uccisi i due pescatori.
Qual è il significato politico della crisi in corso tra Italia e India?
Non è un segreto che le relazioni tra Italia e India non siano particolarmente buone. Esiste un interscambio commerciale, una normale attività bilaterale, ma noi non siamo uno dei partner cui l’India in questo momento tiene di più. Anche se la vera questione è che l’India sta emergendo come una grande potenza sullo scenario internazionale. Di fronte al fatto che l’Italia, una delle vecchie potenze, almeno a suo modo di vedere avrebbe invaso il suo territorio nazionale uccidendo dei suoi connazionali, ritiene legittimo dimostrare al mondo che l’India ormai è un Paese di serie A. Sottolineando che non si tratta più del Paese emergente cui una volta si concedevano gli aiuti economici. Questo atteggiamento di recente è emerso anche dal fatto che l’India ha risposto in modo negativo all’appello degli Stati Uniti sull’embargo del petrolio iraniano. E’ quindi l’atteggiamento di un Paese che vuole dire al mondo: “Qui comandiamo noi”.
Fino a che punto la crisi dei marò è riconducibile a un attacco a Sonia Gandhi, che come sappiamo è nata in Italia?
L’italianità di Sonia è sempre stato un aspetto molto controverso. L’opposizione ha sempre sottolineato la sua nascita italiana per metterla in difficoltà. Anche se nelle ultime elezioni ha abbandonato l’argomento perché in precedenza si era rivelato controproducente. Sonia Gandhi è una personalità amata in generale dal popolo indiano, anche da chi non vota per il partito del Congresso di cui lei è un’esponente. Sollevare il tema della sua italianità è quindi un’arma a doppio taglio. Non c’è dubbio però che nei settori oltranzisti e nazionalisti, cui appartiene anche il partito comunista del Kerala, la tentazione di risollevare l’italianità di Sonia Gandhi potrebbe riemergere.
Qual è stato lo spazio fornito alla vicenda da i media indiani e in che modo l’hanno commentata?
Sono tre giorni che i principali media indiani dedicano la prima pagina a questo argomento. Le tv “all news” hanno degli inviati a Kochi e ieri ben quattro quotidiani nazionali hanno pubblicato la foto dei marò insieme a quella del console generale Giampaolo Cutillo, mentre uscivano dalla nave e aspettavano di essere interrogati. I commenti sono tutti all’insegna dell’orgoglio indiano, e della stigmatizzazione di quello che è stato percepito come un attacco italiano contro dei loro connazionali.
(Pietro Vernizzi)