L’ambasciata americana a Kabul in Afghanistan è stata chiusa di emergenza. Violente manifestazioni che hanno già causato un morto sono infatti scoppiate nella capitale afgana dopo che ieri, secondo quanto viene riportato, sarebbero state date alle fiamme delle copie del Corano all’interno della base militare americana di Bagram. Oltre venti le persone ferite: la polizia afgana smentisce di aver sparato sulla folla, la dinamica dei fatti al momento non è per nulla chiara. L’episodio che sta scatenando i disordini sarebbe da collegarsi alla decisione di bruciare materiale religioso islamico tra cui alcune copie del libro sacro per i musulmani, il Corano. Non è assolutamente chiaro al momento la motivazione dietro tale decisione che, come avvenuto in casi analoghi o con semplici minacce, ha sempre scatenato la rabbia furiosa degli appartenenti ala fede islamica. Al momento si è a conoscenza di un commento da parte del generale John Allen, responsabile della forza internazionale di sicurezza, l’Isaf, in cui si chiede scusa al popolo afgano per quanto successo. Si è infatti espresso dichiarando “sentite scuse al nobile popolo afgano”. Intanto anche stamane sono riprese le manifestazioni di piazza a Kabul e a Jalalabad: lo slogan usato dai manifestanti è quello di “morte all’America”. Tutto il personale dell’ambasciata americana è chiuso e bloccato all’interno dell’edificio. Al momento sarebbero non più di cinquecento i manifestanti che si sono radunati a Kabul in un corteo che sta passando davanti alla sede del Parlamento nazionale, mentre a Jalalabad un migliaio circa di studenti sta bloccando le principali strade cittadine. Ieri erano stati in circa duemila a dirigersi protestando verso la base militare americana nei pressi di Kabul, la più grande del Paese che contiene circa ventimila soldati. Il comando militare statunitense ha dichiarato l’apertura di una inchiesta per capire cosa sia successo e le motivazioni dietro al rogo di materiale religioso islamico. E’ intervenuto anche il ministro degli esteri americano condannando il gesto.



Secondo le prime testimonianze, i soldati americani avevano requisito il materiale religioso ad alcuni prigionieri talebani che lo usavano per scambiarsi informazioni tra di loro e con l’esterno. Per questo la decisione di darlo alle fiamme, nonostante il responsabile islamico presente nella base americana avesse cercato di fermare quello che è definito un atto sacrilego.

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