India, ultimamente, sta diventando per gli italiani sinonimo di terra di sventura. Dopo i due marò del reggimento San Marco, arrestati in barba al diritto internazionale, per altri due connazionali la sorte si è rivelata avversa. Seppur in circostanze del tutto diverse. Paolo Bosusco, 54 anni, una guida che da 15 anni organizza trekking in India e Claudio Colangelo, 61 anni, medico missionario, sono stati rapiti da un gruppo di maosti. Si trovavano in Orissa, uno degli Stati federati dell’India, nel distretto di Kandhamal, quando sono caduti preda del gruppo terrorista assieme ad altri due indiani. Questi, immediatamente rilasciati, hanno spiegato che i rapitori non sembrano intenzionati a far del male agli italiani. In ogni caso, avevano lanciato un equivoco ultimatum che sarebbe scaduto ieri sera. E hanno fatto sapere che se entro tale scadenza il governo non avesse soddisfatto le loro richieste, si sarebbe reso responsabile della sorte dei malcapitati. Abbiamo chiesto a padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, come interpretare la situazione.

Qual è, anzitutto, il contesto del rapimento?

Nel distretto di Kandhamal, dove i due italiani si erano recati per visitare le zone tribali, ci sono minoranze etniche difese dai maoisti. Essi, infatti, si sono costituiti, anzitutto, per garantire a queste tribù il possedimento delle terre che normalmente i privati o i governi depredano per i propri fini commerciali. Questo è lo scopo dei maoisti indiani che hanno assunto, imbracciando le armi, una tale definizione per ottenere un’identità internazionale. E, probabilmente, per ricevere sovvenzioni. Sappiamo, infatti, che Cina e Pakistan li finanziano per indebolire il governo indiano che reputano, rispettivamente, concorrente e nemico.

L’accusa di business ai danni delle popolazioni tribali è fondata?

Basta guardare la Bbc: ogni giorno ci sono pubblicità in cui l’Orissa viene descritta come il luogo ove è possibile incontrare una natura incontaminata e imbattersi nelle popolazioni tribali. Di fatto, questo turismo c’è. Non a caso un esponente del governo di Kandhamal, in un’intervista, ha fatto sapere che il suo più grande rammarico consisteva nell’ipotesi che il turismo ne risentisse. L’industria del turismo, ovviamente, resta un’arma a doppio taglio.

Perché?

Da un lato porta ricchezza e soldi. Dall’altra, fa dei tribali un oggetto nelle mani dei grandi alberghi e delle compagnie di turismo. Della ricchezza prodotta, a loro vanno solo le briciole. E il problema della loro autonomia, possibile solamente se dispongono di terre proprie, effettivamente, c’è.

Cosa vogliono, quindi, i rapitori?

Tanto per cominciare, che il governo fermi la caccia all’uomo inaugurata nei loro confronti. Inoltre chiedono di sedersi attorno ad un tavolo per avviare una discussione. Da mesi è partita una sorta di dialogo tra le due parti ma, finora, dal governo non ci sono stati passi in avanti. Hanno pensato, quindi, di utilizzare il sequestro come strumento di pressione.

Ci sono missioni cristiane in quelle zone?

Certo. Non a caso, proprio in Orissa, nel distretto di Kandhamal  avvennero i pogrom anticristiani del 2008. La Chiesa, del resto, è presente, viva, estremamente attiva. E proprio le sue numerose attività in favore dei tribali hanno rappresentato il motivo per il quale fu presa di mira dai fondamentalisti indù nel 2008. D’altro canto, è bene sottolineare come non abbia mai accettato l’atteggiamento violento dei maoisti.

Cosa fa la chiesa per promuovere lo sviluppo di queste popolazioni?

Fornisce loro strumenti adeguati. Ci sono, ad esempio, centri sociali che cercano di far comprendere loro il valore del lavoro e gli insegnano a curare l’agricoltura in un certo modo, per diventare autosufficienti; scuole per alfabetizzarli e metterli in comunicazione con il resto del mondo; strutture che si occupano della loro igiene e della loro salute. La semplice testimonianza della fede dei missionari cristiani, inoltre, conferisce loro dignità; queste persone comprendono, infatti, il valore della persona e acquisiscono la forza per non disperare nella miseria.

La presenza cristiana gode di una credibilità tale da poter mediare, nel caso, tra il governo e i rapitori?

Lo spero. Il problema è che l’ultimatum imposto dai maoisti ha complicato la situazione, riducendo i tempi e i margini d’azione. Il problema è convincere il governo dell’Orissa a entrare in contatto con essi.

Trova che questo episodio possa sortire conseguenze sulla vicenda dei marò italiani arrestati?

No, a meno che non si ipotizzi che i maoisti siano andati direttamente alla ricerca di italiani. Credo, invece, che avessero bisogno di turisti stranieri, a prescindere dalla loro nazionalità, per dare rilevanza internazionale ad una questione che non interessa a nessuno.