Diverse agenzie di stampa del Golfo Persico hanno riportato oggi la notizia che oltre seicento negozi di intimo dell’Arabia Saudita sono stati chiusi per non aver rispettato la legge che vieta ai titolari di tali esercizi di assumere personale maschile. La legge saudita che è stata approvata a giugno dell’anno scorso, infatti, non solo vieta a persone di sesso maschile di lavorare come commessi in negozi che vendono capi di intimo, ma addirittura vieta loro l’entrata in questi luoghi. Questo, infatti, non permette a un uomo di acquistare nessun tipo di capo intimo ad una donna. Oltre ad aver gìfatto chiudere seicento negozi, le autorità hanno dato un termine di due settimane ad altri trenta negozi di intimo per mettersi in regola, e assumere quindi solo personale di sesso femminile. Le commesse che attualmente lavorano in questi negozi o che verranno presto assunte devono inoltre indossare lo hijab, il tradizionale abito saudita composto da una lunga tunica di colore nero e un velo che copre la testa. La legge saudita che ha portato alla chiusura di questi negozi è stata prima discussa e poi approvata dopo che nell’Emirato molte donne ammettevano di trovarsi in una situazione di disagio nel farsi servire e consigliare capi di intimo da personale di sesso maschile. Così la legge è stata approvata, e adesso si sta assistendo a una graduale scomparsa dei commessi di sesso maschile, mentre le nuove assunzioni dovranno riguardare esclusivamente le donne. Inoltre, per controllare che quanto stabilito venga rispettato dai titolari degli esercizi che vengono biancheria intima, il ministero del Lavoro ha inviato numerosi ispettori per controllare, sospendendo anche il visto ai commessi uomini trovati a lavorare in negozi di intimo. A firmare il decreto, entrato poi in vigore dal 4 gennaio 2012, è stato il re Abdullah bin Abdelaziz, che con tale documento ha sancito che ogni negozio o boutique di articoli femminili, come capi di intimo e cosmetici, sarebbero stati assoluto dominio delle donne e vietati a tutti gli uomini. 



L’obiettivo di tale decreto doveva essere l’abbattimento della disoccupazione femminile e, mentre diversi economisti avevano stimato un introito all’economia saudita pari a 144 miliardi di riyal all’anno, il ministero del lavoro aveva immediatamente fatto sapere che tale decreto avrebbe portato alla creazione di oltre 400 mila posti di lavoro in cinque anni per le donne saudite. 

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