Un’altra Pasqua di sangue per i cristiani in Nigeria, con un attentatore suicida che si è fatto esplodere fuori da una chiesa a Kaduna, nel nord del Paese. L’attacco, organizzato dai terroristi di Boko Haram vicini ad Al Qaeda, ha causato 38 morti tra i fedeli. Stati Uniti e Gran Bretagna avevano avvertito i loro cittadini in Nigeria che per Pasqua era probabile che si verificasse un attentato. Un portavoce del presidente nigeriano aveva però rassicurato: “La Pasqua sarà pacifica per tutti”. I cristiani sotto attacco ora si sentono traditi anche dalle istituzioni, e questo nonostante il presidente Goodluck Jonathan sia a sua volta un cristiano. Per Ignatius Kaigama, arcivescovo della diocesi di Jos al confine con Kaduna, “non c’era bisogno degli esperti americani per prevedere che a Pasqua sarebbe avvenuto un attentato in una chiesa nigeriana. La regione è zeppa di esplosivi giunti via terra, via mare e anche dal cielo al solo scopo di essere utilizzati contro i cristiani. E come dichiarato dallo stesso presidente, i terroristi sono ormai infiltrati nel governo, nella polizia e nell’esercito”.



Arcivescovo Kaigama, per quale motivo il governo nigeriano ha sottovalutato gli avvertimenti di Usa e Gran Bretagna?

Non conosco il motivo per cui ciò sia avvenuto, ma vivendo a Jos posso dire che anch’io avevo previsto l’attentato. Nella regione in cui mi trovo in ogni momento può avvenire qualsiasi cosa. Tutto ciò di cui c’è bisogno per organizzare un attentato è di un po’ di materiale esplosivo, e ci sono diverse persone in grado di fabbricare bombe. Una volta realizzate possono essere utilizzate nelle scuole, nei mercati, nelle strade, e non c’è il numero adeguato di poliziotti o di soldati per controllare la situazione. Proprio per questo il governo ha il dovere di scoprire in che modo questi esplosivi sono fabbricati, scelti e utilizzati. Occorre tagliare alla radice il traffico di materiale esplosivo, perché finché ciò non sarà stato realizzato chiunque potrà avere accesso a questi strumenti di morte in un Paese dove vivono 160 milioni di persone.



Che cosa chiedete al governo?

Il compito del governo è scoprire dove queste bombe sono fabbricate e quindi essere in grado di fermarle. Sappiamo che chiunque vuole realizzare degli attentati ora lo può fare, perché ha a disposizione le armi e tutto ciò di cui ha bisogno. Le autorità devono quindi controllare le persone che importano questi strumenti di morte via terra, via mare e anche dal cielo. Gli agenti della sicurezza devono essere più seri nel controllare i confini e i veicoli che circolano all’interno del Paese. Hanno inoltre bisogno di un adeguato equipaggiamento, del quale per il momento sono privi. Esiste una grave minaccia per lo Stato e occorre prenderne atto: i terroristi non hanno niente da perdere, in un istante uccidono se stessi e decine di altre persone, perché per loro la vita umana non ha nessun valore. Le forze dell’ordine devono quindi scoprire le strategie di Boko Haram, in modo da prevenirne gli attentati.



 

Boko Haram gode della protezione di una parte dei partiti politici nigeriani?

 

Non so dire nello specifico se un esponente politico piuttosto che un altro protegga i terroristi, ma il presidente Goodluck Jonathan ha dichiarato che nel governo e negli uffici di presidenza ci sono persone che hanno dei legami con Boko Haram. E ha aggiunto che ci sono dei terroristi infiltrati anche nell’esercito e nella polizia. Ciò che mi sorprende è che dopo avere fatto questa dichiarazione, non sia stato in grado di identificare chi sono queste persone. Se esistessero dei validi rapporti dei nostri servizi segreti, sapremmo per filo e per segno nomi e cognomi di quanti sono implicati con i terroristi. Ma finora nel campo della lotta al terrorismo non è stato raggiunto nessun risultato, ed è questo il motivo per cui critico il governo in quanto non ha fatto tutto ciò che era in suo potere per scoprire gli sponsor di Boko Haram. Hanno detto che sanno chi sono; bene, vogliamo che queste persone siano messe sotto accusa con delle prove chiare.

 

Jonathan però è presidente soltanto da due anni. Le responsabilità della mancata repressione di Boko Haram sono sue o di chi lo ha preceduto?

L’espansione di Boko Haram è un fenomeno recente, che di fatto ha preso avvio nel 2009. E’ qualcosa di completamente nuovo, iniziato da un piccolo gruppo di predicatori che avevano l’obiettivo di diffondere la religione islamica, e che in seguito sono rimasti coinvolti in attività criminali. Quando il loro leader, Mohammed Yusuf, il 30 giugno 2009 è stato ucciso dalle forze di sicurezza nigeriane, la strategia e lo stile del movimento sono diventate violente e Boko Haram ha iniziato questa offensiva criminale contro il Paese e i cittadini.

 

In precedenza non si erano verificate tensioni tra musulmani e cristiani?

 

In Nigeria ci sono sempre state tensioni tra musulmani e cristiani, ma non erano mai sfociate in uccisioni e distruzioni. Pur essendovi stati degli episodi occasionali di gruppi di giovani che dimostravano in modo violento, prima del 2009 non si era verificato nulla delle proporzioni cui stiamo assistendo ora. Gli attentati terroristici in Nigeria sono infatti molto ben calcolati, rispondono a un programma preciso e chi li compie gode di ottimi finanziamenti. Boko Haram ha il migliore equipaggiamento per provocare danni e morte, mentre la polizia spesso non ha neanche i mezzi indispensabili per agire con efficacia.

 

Come rispondere a questa impreparazione delle forze di sicurezza?

 

Il presidente Jonathan deve usare tutti i mezzi disponibili, incluso il ricorso al supporto logistico e di intelligence di Stati Uniti, Gran Bretagna e di chiunque altro abbia l’esperienza, e sia disponibile a metterla a disposizione per riportare la pace nel Paese. Jonathan è il presidente e tutte le istituzioni fanno capo a lui. Non conosco la formula magica per sconfiggere il terrorismo in Nigeria, ma spetta al presidente intraprendere tutte le iniziative per riuscire a impedire altri attentati.

 

(Pietro Vernizzi)