Una potatura insindacabile e imprevedibile, che ha lasciato il Paese e i suoi partiti di stucco; ben dieci dei 23 candidati alle presidenziali egiziane sono stati bocciati dalla commissione elettorale. Tra questi, c’erano anche i tre personaggi maggiormente papabili per lo scranno più altro tra le istituzioni del Paese: Omar Suleiman, ex capo dei servizi segreti e vicepresidente di Hosni Mubarak; Khairat al-Shater, numero due dei Fratelli musulmani; Hazem Abu Islamil, esponente dei salafiti di al Nour. Per questi si sarebbe verificato il non rispetto di alcune norme previste dalla legge. Il primo non avrebbe raggiunto l’appoggio di 15 province; il secondo è stato scarcerato solo a marzo dello scorso anno quando la legge prevede che prima di sei anni dalla scarcerazione non ci si possa candidare; il terzo ha la madre di nazionalità americana. IlSussidiario.net ha chiesto a Camille Eid, giornalista e docente di Lingua araba nell’Università Cattolica di Milano, di commentare lo scenario all’interno del quale si sta dipanando la vicenda e i possibili risvolti futuri.



«Negli ultimi mesi – spiega – il dibattito politico si è concentrato sull’eventualità di eleggere il nuovo presidente prima o dopo il varo della nuova Costituzione, che ne avrebbe definito i poteri; l’orientamento prevalente intendeva attenuarne le prerogative, attualmente altissime. Dopo mesi di incertezze, si è deciso di eleggere il presidente il 23 e il 24 maggio». Attualmente, quindi, la Costituzione vigente è stata sospesa. «La transizione è gestita sulla base di una costituzione provvisoria, adottata il 30 marzo 2011. Stando così le cose, le questioni, dunque, sembrerebbero in sospeso, mentre i poteri del presidente restano enormi. Il che spiega il boom di candidati». Ieri sera, tuttavia, è subentrata una variabile importante: «i partiti egiziani si sono accordati sulla formazione della Costituente, stabilendo che i parlamentari non ne faranno parte; tuttavia, ai partiti islamisti sarà garantita al suo interno una rappresentanza pari al 25%; sarà, inoltre, garantita la pluralità degli orientamenti». Domenica prossima saranno stabilite le modalità. «Non è ancora chiaro, tuttavia, se ci saranno prima la presidenziali o la nuova Costituzione. La corsa contro il tempo ipotizzata dai Fratelli musulmani per vararla prima delle elezioni sembra impraticabile. D’altro canto, si fa strada la proposta dell’esercito, che ha suggerito di eleggere comunque il presidente e, contestualmente, di scrivere la nuova carta fondamentale entro la fine di giugno, quando il capo dello Stato assumerà ufficialmente l’incarico».



C’è da chiedersi se l’Alta commissione abbia deliberato sulla base di ragioni oggettive. Essa è composta da cinque persone: «ne fanno parte il presidente della Corte costituzionale, che è il capo della Commissione, e quattro consiglieri che sono il presidente della Corte d’Appello del Cairo, il primo vicepresidente della Corte costituzionale, il primo vicepresidente della Corte di Cassazione, e il primo vicepresidente della Corte di Stato». 

Al momento, è difficile sondare le sue reali intenzioni. «È pur vero che, ad esempio, per quanto riguarda al-Shater, il fatto di esser stato in carcere sotto il regime che è stato abbattuto non può non essere preso in considerazione». Le ipotesi sono molteplici. «C’è chi afferma che l’azzeramento sia stato motivato dalla volontà di eliminare gli opposti estremismi; da una parte, gli islamisti, rappresentati da Khairat al-Shater e Hazem Abu Islamil, dall’altra gli esponenti del vecchio regime, rappresentati da Suleiman». Anche i reali obiettivi dell’esercito restano inaccessibili. 



«La fase transitoria si deve, comunque vadano le cose, concludere; secondo i patti l’esercito dovrà riconsegnare le chiavi del potere al popolo. Non è escluso, quindi, che si tratti di una manovra per temporeggiare, creare disordini e rimandare le elezioni. Sarebbe stato più opportuno, tuttavia – come alcuni sospettavano –, che le forze armate siglassero un patto per sostenere un candidato in cambio del mantenimento di alcune loro prerogative». 

Ai candidati esclusi sono state date 48 ore di tempo per fare ricorso. «Se l’esito confermasse l’esclusione, la situazione potrebbe surriscaldarsi». Resta da capire se i protagonisti della primavera araba possano scendere nuovamente in piazza; e se, ancora una volta, ci saranno scontri, violenze e morti. «Il rischio c’è», ammette Camille Eid. Alcuni episodi sono tutt’altro che rassicuranti. «Al-Shater ha fatto sapere che la rivoluzione non ha ancora raggiunto i propri obiettivi; alcune tra le autorità salafite hanno invitato alla calma; la maggiore parte dei notiziari egiziani, infine, apriva sottolineando la pericolosità della vicenda e lo scompiglio che ha gettato tra la popolazione. Non possiamo ancora sapere – conclude Eid – come potrà reagire il popolo, privato dei propri referenti principali».

 

(Paolo Nessi)