Si chiama Jean-Luc Mélenchon la sorpresa della campagna elettorale francese. E’ un candidato dell’estrema sinistra, alla guida del Front de gauche, che dai sondaggi realizzati da Ipsos risulta al terzo posto, dopo ovviamente Nicolas Sarkozy e Francois Hollande, ma prima della candidata di destra Marine Le Pen. Appoggiato dai comunisti, che hanno tappezzato Parigi con la scritta “Prenez le pouvoir” (prendete il potere), il programma elettorale di Mélenchon prevede l’uscita della Francia dalla Nato, la bocciatura del Trattato europeo di disciplina fiscale, il ritorno della pensione a 60 anni e l’aumento del salario minimo da 1.400 a 1.700 euro lordi. Mille intellettuali francesi, insegnanti, ricercatori, scrittori e artisti, hanno sottoscritto un appello per schierarsi apertamente a sostegno di Mélenchon e protestare contro i “segni di degrado di cui il primo responsabile è il presidente della Repubblica”. Ilsussidiario.net ha intervistato Salvatore Abbruzzese, sociologo e membro dell’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, per chiedergli di commentare il fenomeno.
Qual è il valore politico e culturale di questo appello degli intellettuali francesi a favore di Mélenchon?
Innanzitutto, l’appello degli intellettuali francesi a favore di Mélenchon è semplicemente una forma di espressione. Si sa fin dall’inizio che il candidato avversario di Sarkozy è il socialista Francois Hollande. Melenchon non avrà la benché minima possibilità di essere eletto all’Eliseo, e l’appello è quindi una vera e propria boutade, cioè un modo per proporsi sul piano della rappresentazione mediatica. Nel sistema elettorale francese, il doppio turno consente di presentare alla prima tornata candidati di qualsiasi tipo. Il vero scopo di questa fase preliminare è quello di contarsi, e quindi questi intellettuali ambiscono a vedere quanto riescono a pesare. Più sarà consistente la loro pur limitata vittoria, e maggiori saranno le richieste che potranno mettere sul tavolo delle trattative con Francois Hollande.
Per quale motivo c’è un universo intellettuale francese che continua a essere attratto dalla sinistra, al punto da firmare un appello a favore di Mélenchon?
Per rispondere, occorre tenere conto del fatto che in Francia esiste più di una sinistra. Una volta morta la sinistra comunista, stalinista e dei miti dell’Est, resta quella libertaria, anti-borghese, anti-sistema e a favore della libertà dell’individuo. Quest’ultima trova proprio nel nucleo della tradizione libertaria il suo quartiere generale. La sinistra radicale è stata in grado di sopravvivere a qualsiasi tipo di tormenta proprio perché non ha mai dovuto governare confrontandosi con un ruolo istituzionale, e nemmeno avrebbe potuto farlo perché quella cui sarebbe andata incontro sarebbe stata una cocente delusione.
Da quale istanza comunicativa nasce invece questo sostegno di scrittori, ricercatori e artisti al candidato dell’estrema sinistra?
Si tratta della necessità di una rappresentazione alternativa rispetto a ciò che appare come un blocco dominante dal punto di vista culturale, prima ancora che di potere. All’interno di questa vocazione libertaria non si inseriscono soltanto gli intellettuali alternativi o i creativi. Accanto a questo nucleo di “eterni sognatori” si schiera anche un intero universo umano che non riesce più a vedere nella situazione contemporanea una possibilità di mutamento. L’attuale crisi economica ha in qualche modo liquidato la politica, facendo venire meno qualsiasi progettualità nel nome della necessità di fare quadrare i bilanci, favorire l’occupazione, rilanciare le imprese, finanziare la crescita, incrementare il prelievo fiscale. E’ quindi un universo della necessità che non si può aggirare. Nel primato del realismo e delle emergenze affonda qualsiasi altro discorso programmatico.
Quindi il Front de gauche nasce dalla ricerca di una risposta alternativa?
Esattamente. In un momento in cui i margini per una politica in termini puramente propositivi sono estremamente limitati, non mi stupisce che una parte della società cerchi di riproporre un’intera dimensione culturale della politica intesa come progetto, possibilità, opportunità di un modo di vita diverso. Puntando inoltre sul recupero della marginalità, ma anche sulla promozione dell’individualità, insomma tutto quello che può rappresentare una nuova frontiera della politica. E’ normale che, soprattutto agli intellettuali, manchi l’aria e che quindi questi ultimi cerchino di trovare delle forme o delle persone attraverso le quali rendersi visibili.
(Pietro Vernizzi)