Il prossimo 6 maggio il popolo greco si recherà a votare per rinnovare il Parlamento (in Grecia non esiste il senato, ma una Camera sola). Elezioni difficili nel quadro di una crisi economica che ormai soffoca il Paese da oltre due anni e di cui non solo non si scorgono possibilità di uscita, ma che continua a peggiorare. La sfiducia verso la politica e i partiti è altissima. Ma come ha detto a IlSussidiario.net Dimitri Deliolanes corrispondente della televisione greca in Italia, “il popolo greco è altamente politicizzato e andrà a votare. L’astensionismo che inizialmente era dato a quote altissime si sta riducendo. Molti voti però andranno probabilmente a partiti estremisti di destra e di sinistra, sarà un voto di protesta che costringerà a formare una grande coalizione”. L’incertezza dei risultati elettorali ha intanto costretto a rinviare ancora una volta il piano di risanamento dell’economia previsto per metà maggio, mentre la recessione prosegue ormai da circa cinque anni. Quasi sicuramente il nuovo governo dovrà mettere in pratica nuovi tagli per il biennio 2013-14 di circa 11 miliardi di euro. Per Dimitri Deliolanes “la responsabilità di tutto questo è dei due maggiori partiti greci, quello socialista e quello conservatore. Il popolo greco però rimane fortemente europeista nonostante sia consapevole che l’Europa non è stata in grado di dare un aiuto concreto”. Questo perché l’Europa, dice, “ha tradito se stessa prima ancora di tradire la Grecia”.
Qualcuno ha detto che le elezioni del 6 maggio saranno le più importanti in Grecia dai tempi di quelle del 1974, dopo la caduta del regime dei colonnelli. E’ d’accordo?
No, queste saranno elezioni assolutamente inutili in cui l’unica cosa che cambierà sarà una nuova redistribuzione dei seggi in Parlamento. Che però non porterà nessuna svolta in materia di politica economica, niente di ciò di cui avrebbe bisogno il Paese.
In che senso?
Con queste elezioni in Parlamento entreranno sicuramente una decina di partiti. Ma il problema squisitamente politico è che la politica greca ha dimostrato di non essere in grado di affrontare le sfide dello sviluppo del Paese e della riforma dello Stato in un modo che sia all’altezza delle sfide di questo secolo.
Ci spieghi meglio perché questo giudizio sulla politica greca.
Quando dico la politica greca intendo i due maggiori partiti greci, cioè quello socialista e quello conservatore, che sono i maggiori responsabili del disastro economico. Molto probabilmente saranno costretti a fare una coalizione. Ma intendo anche l’opposizione di sinistra, che si è limitata, come si è visto in questi due anni e mezzo di crisi, a proclamazioni massimaliste di principio, a slogan inutili senza preoccuparsi di elaborare una strategia politica alternativa.
Secondo lei è possibile fare un paragone tra Italia e Grecia? Dove sta la differenza nel modo di affrontare la crisi?
Si può fare un paragone, ma fino a un certo punto. Personalmente ho apprezzato molto che fin dall’inizio il Governo Monti sia riuscito a imporsi in termini molto decisi nei confronti dei partner europei. Monti ha saputo dire che non avrebbe seguito la via della recessione e dei sacrifici a ogni costo e dello strangolamento del Paese che invece è stata applicata dalla troika in Grecia. Invece ha detto che voleva elaborare insieme con altri partner europei una strategia di sviluppo per l’Europa. Questa è la politica giusta per l’Europa ed è importante che Monti abbia avuto la volontà di farla e di scontrarsi con la linea egemone, quella della Merkel e di Sarkozy. Invece il governo greco ha dimostrato di non avere la credibilità di richiedere l’elaborazione di una strategia europea di sviluppo.
E’ possibile immaginare un governo tecnico anche per la Grecia?
Sarebbe stato auspicabile quando i due governi di Papademos e quello di Monti sono nati contemporaneamente. Purtroppo il nostro presidente della Repubblica non ha avuto la forza, o non ha voluto forse estendere le sue prerogative costituzionali come ha fatto giustamente Napolitano, per imporre ai politici greci incapaci un governo tecnico sul modello di quello italiano. Abbiamo quindi avuto un premier tecnico e poi i soliti ministri politici corrotti e incapaci, per cui l’efficacia di questo Governo è stata al di sotto delle richieste del momento.
Lo scenario che lei prevede dopo le elezioni?
Credo che il momento magico per un governo tecnico sia passato. Ci stiamo avviando verso un governo di coalizione fatto dai due maggiori partiti, screditati e incapaci. Dato, tuttavia, che i sondaggi dicono che da soli non ce la faranno, saranno costretti ad aggregare nella loro coalizione qualche altro partito, come quelli di sinistra più riformista. Sarà comunque un governo politico.
Non teme una alta astensione?
Inizialmente tutti i sondaggi parlavano di un tasso di astensionismo intorno al 40%, dunque molto alto. Adesso, con il proseguire della campagna elettorale, il popolo greco – che è molto politicizzato e sa che l’astensione è l’ultima risorsa – sta cambiando idea. Gli elettori si stanno muovendo verso movimenti di protesta come il partito neonazista che, purtroppo, secondo i sondaggi andrà in Parlamento, oppure daranno vita a un voto di contestazione verso i loro partiti di riferimento votando movimenti di dissidenti socialisti e dissidenti conservatori.
E l’eurozona? Il popolo greco ci crede ancora?
Lo ripeto da tempo, il popolo greco è fortemente europeista, fortemente attaccato all’ideale europeo e ritiene l’euro una grande conquista sulla strada dell’unificazione europea. Una unificazione che il popolo greco vorrebbe fosse accelerata nel campo dell’economia, della difesa e della politica estera. Non c’è alcuna tentazione isolazionista nel popolo greco, non c’è sondaggio che lo indichi. Il problema vero è che l’Europa non crede in se stessa. La troika ha applicato semplicemente una politica dogmaticamente neo liberista e recessiva e ha tradito l’Europa, non la Grecia.
Che speranza ha per il futuro del suo Paese?
L’elettorato greco andrà a votare con sentimenti di grande delusione e rabbia verso questa classe dirigente, ma con grandi speranze che l’Europa alla fine mostri di essere se stessa. Lo stiamo vedendo in questi giorni con il dibattito in corso sulle elezioni francesi o sulla crisi di governo olandese. Stiamo capendo che con questa crisi si sta giocando l’esperimento più bello, la cosa più interessante dal dopoguerra: l’unità europea. Se cioè questo esperimento andrà avanti o è destinato a fallire. I greci lo seguono con grande passione e la speranza che da lì nasca una cosa nuova non solo per la Grecia, ma per l’Europa intera.