La Commissione europea ha presentato nei giorni scorsi la sua proposta di bilancio per il 2013: un aumento del bilancio per i pagamenti del 6,8% e un aumento del 2% (al livello dell’inflazione) nel bilancio per gli impegni. Si è scelto di concentrare i pagamenti di impegni già presi, pari a 62,5 miliardi di euro, per progetti e programmi Ue realizzati o in via di realizzazione che siano “amici della crescita”, in particolare 9 miliardi per la ricerca (+28,1% rispetto al 2012), 546,4 milioni per competitività e innovazione (+47,8%), 49 miliardi per i fondi strutturali e di coesione (+11,7%) e 1,2 miliardi per l’apprendimento permanente (+15,8%). Il Commissario europeo responsabile, Janusz Lewandowski, ha ammesso che di fatto, “per la prima volta stiamo per ridurre e non per far crescere il bilancio Ue”.



Quella che a molti può sembrare una buona notizia, in realtà costituisce un fatto molto pericoloso e nella direzione opposta rispetto agli obiettivi che ci siamo posti per i prossimi anni: questo congelamento del bilancio Ue non aiuterà di certo né la crescita, né l’occupazione. Abbiamo bisogno di un maggiore impegno per trovare modalità efficaci per tornare alla crescita e alla creazione di posti di lavoro, che sono appunto le priorità che da tempo hanno individuato le tre istituzioni europee.



Proprio nel giorno in cui veniva resa nota la proposta di bilancio della Commissione europea, il Ministro per lo sviluppo economico, Corrado Passera, ha incontrato gli eurodeputati italiani presso il Parlamento europeo di Bruxelles. La scarsa efficacia di cui, non tanto il Governo italiano, quanto la complessa macchina europea sta dando prova per quanto riguarda la crescita, fa aumentare di giorno in giorno la nostra preoccupazione. Abbiamo chiesto al Governo una parola chiara su questo tema, che diventa tanto più urgente quando vediamo i cittadini europei, come anche gli imprenditori europei, essere risucchiati in modo sempre più preoccupante dal vortice del populismo e del nazionalismo.



Chiediamo una parola chiara anche per quanto riguarda la posizione del Governo italiano ai tavoli europei: perché, se è vero che come dice anche il Presidente Barroso, “un euro speso attraverso il bilancio Ue può consentire di risparmiare diversi euro ai bilanci nazionali grazie a sinergie ed effetti di scala”, non vediamo il nostro Governo chiedere a Bruxelles un aumento del Bilancio dell’Unione europea? Il Ministro ha risposto a queste considerazioni dicendosi d’accordo con quanto detto e sottolineando le azioni che il Governo sta prendendo in tema di crescita sia a lungo termine, per riattivare tutti i motori della crescita, che a breve termine, con il rilancio delle infrastrutture. Quella del bilancio europeo deve essere una priorità da affrontare nel dialogo con gli altri Stati membri dell’Unione europea.

Ieri c’è stato un incontro bilaterale tra Mario Monti e Angela Merkel proprio per trovare soluzioni in grado di garantire il superamento della crisi, soprattutto per individuare politiche che possano stimolare la crescita. Affinché vengano ascoltate le parole di Mario Draghi per il quale dall’incertezza e dalla crisi “si esce solo se è chiaro il senso di marcia, l’obiettivo di più lungo periodo oltre il tamponamento della crisi del debito sovrano, oltre il consolidamento di bilancio (che deve essere raggiunto senza tentennamenti), oltre la semplice sorveglianza”, il Premier italiano deve riuscire a convincere gli altri Paesi contributori netti come Francia e Germania che finora hanno chiesto, nel nome di un’insensata logica nazionalistica, di ridurre il bilancio Ue.

L’Europa deve rendersi conto che spesso si crea da sola i nemici della sua ripresa economica. In questo modo capirà di avere la forza e il potenziale per cambiare marcia. Non dobbiamo mai dimenticare di avere le competenze, la forza lavoro e la necessaria cultura di libero mercato per voltare pagina. Quello di cui abbiamo bisogno oggi è un’Europa che sia guidata in maniera saggia per potere togliere le catene alle nostre imprese.

Quest’agenda non è una novità nell’Ue. La sfida di oggi è di mettere in atto i buoni propositi di far diventare l’economia europea intelligente, sostenibile e inclusiva. Diminuire il bilancio vuol dire, in sostanza, sottrarsi scriteriatamente da un compito che nessun altro attore, nessun’altra istituzione può pensare di portare a termine al posto dell’Unione europea.