Si continua a morire a Damasco. Almeno due esplosioni sono state registrate ieri, venerdì di preghiera, nel quartiere di Salhieh e nel distretto di Midan: la prima autobomba è esplosa non lontana dal Parlamento, la seconda vicino ad una moschea mentre i fedeli stavano uscendo. Diversi morti e numerosi feriti, in quello che la stessa tv di Stato siriana ha definito «un attentato terroristico». Dura la reazione dell’Ue, secondo cui è chiaro che «il regime siriano non rispetta i suoi obblighi» di cessate il fuoco e di ritiro delle truppe e dei carri armati dalle città del paese, contenuti nel piano di Kofi Annan. A dirlo è stato oggi Michael Mann, portavoce dell’alto rappresentante Ue per la politica estera: «Siamo molto preoccupati per la prosecuzione delle violenze malgrado il cessate il fuoco accettato dal regime siriano», ha fatto sapere Mann, sottolineando che il regime aveva «promesso di ritirare le truppe dalle città e questo non è avvenuto». Lo stesso Kofi Annan ha recentemente annunciato che trenta osservatori Onu saranno in Siria da lunedì 30 aprile, e Mann auspica che la loro presenza possa «cambiare la situazione sul campo e siano pronti a sostenere dal punto di vista tecnico questa missione». IlSussidiario.net ha chiesto a Bernardo Cervellera, direttore di Asia News, un commento sulla delicata situazione siriana.
Direttore, cosa pensa di questi nuovi attacchi?
Qualcuno sperava che il piano di Kofi Annan potesse riuscire a fermare le violenze da entrambe le parti, ma questo non è accaduto. Da una parte c’è il governo siriano, dall’altra gli oppositori, e purtroppo ogni giorno si continuano a stilare lunghe liste di morti e feriti. Possiamo quindi dire che il piano di Annan sta fallendo, e credo rappresentasse l’unica possibilità di veder terminare le violenze e di procedere verso una transizione del Paese.
Anche la Nato, attraverso il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, ha fatto sapere di non avere «nessuna intenzione di andare in Siria».
Sì, ma questo era già chiaro. A differenza della Libia, in Siria il petrolio non c’è, e entrare nel Paese significa spostare alcune pedine all’interno del piano geopolitico del Medio Oriente in un modo che può rivelarsi rischioso. Bisogna tener presente che la Siria è direttamente protetta dall’Iran, quindi colpire la Siria significa inimicarsi senz’altro l’Iran e gli Hezbollah in Libano, e questo creerebbe sicuramente una guerra regionale, se non internazionale.
Cosa può dirci della situazione dei cristiani in Siria?
Il governo siriano è sempre stato apprezzato perché permetteva una certa libertà religiosa, ma non ammetteva assolutamente una critica alla sua politica. Per questo tutte le chiese siriane hanno sempre goduto di un minimo di libertà, a patto di non intromettersi nelle questioni politiche.
Adesso invece cosa sta accadendo?
Sta accadendo che molti cristiani, con l’appoggio della popolazione siriana, si stanno ribellando alla violenza dell’esercito, alla dittatura dello Stato e alla mancanza di prospettive del Paese. E’ questo, ora, a renderli perseguitati, e per questo il governo li arresta.
Cosa accadrà invece in futuro, anche nel caso in cui la lunga dittatura del partito Baath dovesse finire?
Per il momento l’unica previsione è quella della creazione di uno stato islamico, visto che il gruppo più forte degli oppositori è rappresentato dai Fratelli Musulmani. E’ per questo che i cristiani in Siria sono divisi tra chi critica il regime di Assad e chi invece lo decanta e lo difende.
Si spieghi meglio.
I cristiani in Siria si trovano tra due fuochi: da una parte c’è la dittatura del regime che, pur non lasciando loro molto spazio di critica, li lascia vivere. Dall’altra parte c’è invece un futuro che si prospetta sempre più islamico, e per questo alcuni vogliono la caduta di Assad, mentre altri continuano a difenderlo.
Cosa dovrebbe fare la comunità cristiana?
Circa un mese fa il nunzio vaticano a Damasco ha detto che per i cristiani «è urgente uscire all’aperto, all’attacco e non stare a guardare. È il loro momento, occorre agire e andare all’attacco in difesa della persona umana: è importante non mancare questo momento storico». Questo deve accadere, per evitare il rischio che la comunità cristiana, in un modo o in un altro, venga spazzata via.
(Claudio Perlini)