La situazione, in India, peggiora di ora in ora. Paolo Bosusco è ancora nelle mani dei maoisti, mentre il loro capo, Sabyasachi Pand, ha fatto sapere, in un nuovo audio, che non ha nessuna intenzione di rilasciarlo. Le proposte del governo dell’Orissa sono state giudicate, infatti, inaccettabili. Vi è, tuttavia, un’infelice novità: i maoisti, laddove le autorità locali non si decidessero a prendere sul serio le loro richieste, si sono detti pronti a compiere un passo estremo. Che peso dare alle loro minacce? IlSussidiario.net lo ha chiesto a Carlo Jean, ex generale ed esperto di strategia militare. «I naxaliti, come vengono chiamati i maoisti in India, sicuramente dispongono di capacità organizzative e determinatezza nell’impiegare la violenza. Sono assimilabili alle Brigate Rosse, sono circa 20mila combattenti, più circa 50mila di supporto». E hanno già ucciso. «E’ la prima volta che hanno rapito degli stranieri. Si sono già macchiati, tuttavia, dell’assassinio di funzionari locali, agenti di polizia o proprietari terrieri».



La situazione è resa complicata dall’assetto indiano. «L’organizzazione delle forza di polizia è prerogativa dei singoli Stati federati, che si avvalgono della collaborazione dello Stato centrale. Che, dal canto suo, finora non ha inteso dispiegare risorse militari contri i maoisti. Tant’è vero che costoro sono, prevalentemente, contrastati da milizie messe in piedi dai proprietari terrieri». C’è un motivo per cui il governo centrale non vuole mettere in campo le forze armate. «Si teme una vera e propria rivolta, in grado di coinvolgere milioni di persone». In sostanza, le sorti del nostro connazionale potrebbero essere legate all’accettazione o meno di un compromesso. «Dipenderà dalle richieste dei maoisti e dalla disponibilità del governo indiano a trattare. Disponibilità, al momento, non particolarmente elevata». Alla situazione contribuisce negativamente la politica. «Il potere centrale è debole, mentre il Partito del congresso è sfidato da quello induista, fautore dell’impiego dell’esercito e della soppressione dei naxaliti».



In ogni caso, le speranze che a un futuro blitz possano partecipare uomini dei nostri reparti speciali è del tutto da escludersi. «Il Paese asiatico, ad oggi, è connotato da una sorta di paranoia per la colonizzazione e da eccessivo nazionalismo. Non accetterebbe mai una forza straniera sul proprio territorio. Non è un caso, del resto, che Sonia Gandhi, che è di origini italiane, si è guardata bene dall’intervenire nella vicenda. Potrebbe essere accusata di un atteggiamento di particolare favore nei confronti di un suo connazionale.

E ogni minimo sbilanciamento potrebbe essere inteso come un gesto anti-indiano. «Tanto più adesso che siamo sotto elezioni e il partito nazionalista rischia di avere la meglio». C’è da chiedersi se, almeno, in caso di blitz ci sarà un’attività di coordinamento tra il governo italiano e quello indiano. «Al limite, a livello di informazioni. Al di là di questo, è più probabile che temano interferenze sulla loro libertà di azione e che, quindi, decideranno autonomamente».