Il governo del Kerala ha deciso che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò prigionieri da tre mesi in India con l’accusa di omicidio, verranno trasferiti dal carcere di Trivandrum alla Borstal School, una struttura nei pressi dell’aeroporto di Kochi che autorità italiane hanno già definito “accettabile”. Nonostante permanga una forte cautela nel definire i tempi del trasferimento, il sovrintendente della prigione che ospita i due fucilieri italiani, B. Pradeep, ha fatto sapere che «la decisione c’è. Domani andranno dal giudice al termine delle due settimane di carcerazione giudiziaria. Lui dovrà prendere delle decisioni. Da là i marò potrebbero andare direttamente a Kochi o tornare a Trivandrum». Giornata dunque cruciale per l’evolversi della vicenda, che commentiamo con Enzo Cannizzaro, docente di Diritto internazionale nell’Università di Roma La Sapienza.  

Professore, cosa ne pensa?

Quanto stabilito dalle autorità del Kerala è probabilmente una conseguenza dell’azione italiana degli ultimi giorni, all’indomani della formale incriminazione dei due soldati. Il ministero si è dimostrato più severo e adesso, visto che il braccio di ferro con le autorità indiane continua, è difficile immaginare cosa potrà accadere quando i due fucilieri torneranno davanti al giudice.

Questa prima apertura da parte  delle autorità indiane è comunque rilevante, non crede?

Indubbiamente un’apertura c’è stata, ma non dimentichiamoci che tutto l’intero procedimento che vede coinvolti i due marò si basa su una costante violazione del diritto internazionale. Detto questo, è certamente importante che i due militari escano dal carcere.

Qual è a suo giudizio la principale violazione?

Innanzitutto è ormai stato accertato che la nave si trovasse in acque internazionali e non territoriali, ma più volte ho ribadito che questo non dovrebbe assolutamente rilevare ai fini della giurisdizione perché in ogni caso i marò sono coperti da immunità. E’ vero anche che appellarsi ai principi relativi ai diritti previsti dalla giurisdizione in acque internazionali ha molta meno forza che compiere l’analogo processo relativamente alla giurisdizione interna.

Se la sparatoria è avvenuta in alto mare, come può allora essere affermata la giurisdizione indiana?

In base al principio della giurisdizione passiva, poiché i due pescatori uccisi erano di nazionalità indiana, come la nave su cui si trovavano. Il “salto di qualità” di cui ha anche parlato il ministro Terzi riferendosi all’incriminazione dei due marò è stato senza dubbio negativo e evidentemente contrario al principio dell’immunità, ma è stata proprio questa la molla che ha fatto scattare la forte reazione italiana.

Una svolta sembra comunque ormai vicina. Cosa possiamo aspettarci?

Le autorità indiane sembrano poco propense a voler concedere la libertà su cauzione, che rappresenterebbe comunque un nuovo procedimento giudiziario e quindi una nuova violazione. Naturalmente la speranza è che si possa arrivare presto ad una assoluzione, ma resta il vero problema: il solo fatto che il procedimento continui è una violazione del diritto internazionale.

Tra i capi d’accusa presentati alla corte di Kollam compare quello dell’associazione a delinquere. Cosa ne pensa?

Questo mi ha effettivamente stupito fin dal primo momento. Si tratta indubbiamente di un’imputazione molto grave, che sembra voler essere più che altro una nuova pesante provocazione dell’autorità indiana nei confronti dell’Italia.

Come giudica l’operato del Ministero italiano di fronte a provocazioni di questo tipo?

Il governo italiano ha operato in modo giusto e deciso, in particolare dopo la formale incriminazione. Certo, potrebbe anche dimostrarsi più severo, ma dubito che rompere le relazioni diplomatiche possa servire a qualcosa, visto che proprio questi stessi rapporti risultano adesso fondamentali per mandare avanti i negoziati. In questi casi bisogna far leva su una sorta di sensibilità politica: il governo italiano ha deciso che per il momento risulta più efficace la linea “morbida”, nonostante in realtà stia maggiormente flettendo i muscoli.

Terzi ha fatto sapere di aver chiesto al Segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon e ad altri principali ministri incontrati a Chicago e a New York “un sostegno attivo a quella che è non soltanto la tesi italiana, ma un’esigenza affinché non si crei un precedente pericolosissimo per tutta la comunità internazionale”. Quanto è alto secondo lei un rischio del genere?

Il ministro Terzi ha centrato il problema, anche se la questione resta puramente bilaterale. Giuridicamente l’Europa non ha assolutamente alcun tipo di ruolo nella vicenda, ma politicamente la questione è diversa.

In che senso?

Quanto sta accadendo potrebbe rappresentare un precedente molto pericoloso in cui sembra venir meno l’immunità dei corpi di truppa stazionanti all’estero, quindi è ovvio che in futuro qualsiasi Stato potrebbe trovarsi in una simile situazione. Il precedente non si è però ancora creato perché, nonostante l’India stia mantenendo una condotta illecita, l’Italia sta reagendo duramente. Diverso sarebbe stato se il governo italiano si fosse per esempio scusato per quanto è successo, ma ovviamente non è accaduto.  

 

(Claudio Perlini)