Crisi politica per i partiti algerini che hanno trionfato alle elezioni dello scorso 10 maggio. Abdelaziz Belkhadem, segretario generale del Front de Liberation nationale (Fln), e Ahmed Ouyahia, stessa carica in seno al Rassemblement nationale democratique (Rnd), sono stati messi sotto accusa da parte del loro partito, che ne ha chiesto le dimissioni nonostante la schiacciante vittoria. Nell’attuale parlamento il Fln conta su 221 seggi e l’Rnd su 70, contro i 47 degli islamisti dell’Alleanza verde. Ilsussidiario.net ha intervistato Khaled Fouad Allam, intellettuale algerino naturalizzato italiano, per chiedergli di commentare l’attuale fase politica che sta attraversando il suo Paese.
Da dove nascono le spaccature nei partiti che hanno vinto le elezioni?
E’ in corso uno scontro interno per definire delle strategie politiche di fronte a un Paese che non cambia. Belkhadem e Ouyahia non sono stati in grado di attuare una rivisitazione della politica in Algeria. E questo ha dato fuoco alla miccia della tradizionale lotta di fazione all’interno degli stessi raggruppamenti politici, in un contesto molto delicato, con una gioventù con un crescente desiderio di cambiamento e i partiti politici che sono più o meno paralizzati.
Perché i giovani algerini non hanno trovato espressione politica nei partiti?
Un po’ come in Italia, i 20enni algerini non si riconoscono più nei partiti tradizionali. Questo spiega anche la disfatta dei partiti religiosi, contrariamente a quanto sta succedendo negli altri Paesi arabi sotto la pressione dei cambiamenti storici. La guerra civile algerina degli anni 90 del resto ha fatto completamente decantare l’illusione che l’Islam radicale sia in grado di rappresentare la soluzione di tutti i problemi del Paese. Oggi esiste un’asimmetria totale nella cultura politica globale tra un mondo che sta cambiando totalmente e i partiti che nel loro modo di organizzarsi e di definire la loro comunicazione politica sono ancora molto novecenteschi. In questo modo non si trovano più in sintonia con il mondo dei blogger, di Internet e di un linguaggio completamente cambiato.
Per quale motivo l’Algeria non è stata toccata dalla Primavera Araba?
Il primo è la paura di ricadere nello scontro fisico, che negli anni 90 ha lasciato tracce indelebili in numerose famiglie che hanno perso i loro cari. Per oltre cinque anni la società algerina è stata attraversata dalla paura, e questo ricordo è ancora molto fresco. A livello della psicologia di massa si è percepita invece una sorta di apatia e delusione perché i protagonisti della comunicazione politica appartengono a un’altra generazione, e dunque esiste una sorta di incomunicabilità. In questa fase i giovani aspettano e sono come in una situazione di stand-by.
Quali sono gli ideali della gioventù algerina?
Da un lato sente parte di questo inizio secolo, dall’altra è impotente nel definire una strategia di cambiamento. E’ qualcosa che caratterizza un po’ tutte le gioventù del mondo arabo nelle loro attese politiche. Non sono state in grado di definire una controcultura alternativa a ciò che propone il vecchio schema politico-culturale. Ci vorrà molto tempo per individuare una persona o un’idea in grado di creare la sintesi nei confronti delle attese. C’è quindi un vuoto in questo senso.
Da dove nasce la frustrazione dei giovani algerini?
E’ un sentimento presente in tutto il mondo arabo, anche se ha trovato espressione in forme diverse. I giovani egiziani hanno manifestato in piazza Tahrir, quelli tunisini in Avenue Bourguiba, ma sono ugualmente frustrati. Anche l’apatia, la non partecipazione, il rifiuto dei vecchi modelli, che caratterizza i giovani algerini, è a sua volta una forma di contestazione.
Quanto è forte ancora l’estremismo islamico in Algeria?
Non mi risulta che sia forte, però è presente e ciò basta a fare scattare la paura e i traumi del passato. La violenza politica, con morti e sangue che scorre per le strade, ha lasciato tracce che sono divenute un trauma collettivo. E’ quello che ha subito l’Algeria durante la guerra di liberazione dalla Francia. Questo non spiega tutto, ma in parte è all’origine del comportamento degli algerini.
(Pietro Vernizzi)