92 morti. 32 dei quali bambini. Le immagini dei loro corpicini sanguinanti e senza vita che circolano in rete stanno raccapricciando il mondo. La strage che si è consumata a Hula, nella provincia siriana di Homs, è il frutto della spietatezza del regime. Che, come sempre, non si è fatto scrupoli ad usare l’artiglieria pesante contro i civili. Questa volta, però, la portata del crimine è tale da aver provocato nella Comunità internazionale un sussulto di rabbia. La condanna, ovviamente, è unanime. Ma, in più, c’è il fatto che potrebbero esserci conseguenze. Obama crede che la soluzione possa consistere nell’esilio di Bashar al-Assad e nel mantenimento di parte del suo governo al potere. A giugno ne discuterà con Putin che, finora, ha posto il veto, nel Consiglio di sicurezza delll’Onu, a qualunque azione punitiva nei confronti della Siria. Guido Olimpio ci spiega come potrebbe evolvere lo scenario.



Il massacro di Hula provocherà realmente una reazione da parte della Comunità internazionale?

La Comunità internazionale non poteva rimanere in silenzio davanti ad un massacro del genere. L’idea dell’esilio non è nuova, era già sta proposta. Tuttavia, non credo che il regime si toglierà di mezzo tanto facilmente. Tanto più che, per il momento, ci si sta muovendo solamente sul fronte diplomatico. Ma nessuno sembra realmente intenzionato a reagire. C’è da attendersi, invece, una nuova fase, con attacchi massici da entrambe le parti e il successivo scambio di accuse reciproche sulle responsabilità delle future vittime.



La strage potrebbe non essere opera del regime?

Il regime, abitualmente, non si fa scrupoli a bombardare e colpire i centri abitati. E’ molto probabile, quindi, che questa strage sia effettivamente opera sua. Tutti gli indizi lo lasciano intendere. Tuttavia, in questi conflitti, dove le posizioni non sono chiare e civili e militari sono mescolati, bisogna essere prudenti. In ogni caso, dato che gli ispettori Onu sono sul posto, un’ispezione internazionale potrebbe rappresentare un primo passo realmente significativo. Per il momento, infatti, il piano di pace è totalmente fallito. Da quando è partito il piano di Annan ci sono stati già più di mille morti. A questo punto, la Nazioni Unite dovranno per forza attivarsi se non vogliono perdere la loro stessa ragion d’essere.



Crede che un’operazione militare sia possibile?

Si era discusso in passato di azioni cuscinetto. Russia e Cina, tuttavia, le hanno sempre impedite. L’Onu non ha potuto fare altro che mantenere una posizione di impotenza. La Siria, d’altronde, si colloca all’interno di un mosaico complesso. Confina con Israele e si teme il contagio con il Libano. L’Iraq, dal canto suo, a livello governativo consente il passaggio di armi, mentre parte della popolazione sunnita appoggia la ribellione. La Turchia, infine, teme, appoggiando una guerra ai suoi confini, la destabilizzazione.

L’esilio di Assad potrebbe risolvere la situazione?

Assad, indubbiamente, è il simbolo del regime. La sua uscita di scena potrebbe portare ad un negoziato, ad un compromesso che impedirebbe l’annientamento fisico del Paese. Non credo, però, che possa essere un fattore risolutivo. Il regime, infatti, non si esaurisce nella sua persona.

Da chi è composto?

La famiglia di Assad, come i più alti funzionari dell’esercito, provengono tutti dalla setta sciita degli Alawiti e per sopravvivere usano ogni mezzo. Il regime, infatti, ha una tradizione di ferocia e di attività terroristica parallela. Molti degli ordigni che esplodono nelle città sono piazzati dall’ala più radicale dell’opposizione. Molti, invece, dallo stesso Stato siriano, che dispone di decine di apparati di sicurezza, di un esercito ben organizzato e di svariate unità speciali. Gode, inoltre, dell’appoggio della Russia, di cui è il migliore acquirente di armi.

Chi sono, invece, i ribelli?

Per lo più, provengono dalla Fratellanza musulmana. C’è, inoltre, una folta presenza jihadista. Ci sono anche militanti di Al Qaeda, anche se non è chiaro quanti. E, infine, semplici cittadini stufi del regime. Una realtà estremamente composita, suddivisa in diverse organizzazioni, la più rappresentativa della quali è il Consiglio nazionale siriano che è a sua volta estremamente frammentato. Quattro giorni fa, infatti, si è dimesso il loro presidente.

Sono attendibili i diversi osservatori che, di volta in volta, comunicano le cifre sulle vittime?

Il più rappresentativo è l’Osservatorio siriano per i diritti umani, un organismo che fa capo all’opposizione. Diciamo che cifre e dati vanno sempre recepiti con una certa prudenza. Come in Libia, regime e opposizione tendono spesso a enfatizzare le perdite. Detto ciò, che il regime si sia macchiato di orribili massacri è fuori discussione. Ci sono immagini, foto, riprese satellitari che lo confermano. E’ necessaria maggiore cautela, invece, per quanto riguarda i video pubblicati su Youtube. I conflitti in giro per il mondo sono tanti e tali che non è difficile spacciare un filmato girato altrove per siriano.

 

(Paolo Nessi)

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