“Le notizie sulla salute di Mubarak sono abilmente orchestrate dai militari per rimandare il responso delle elezioni. Il loro candidato Shafiq ha preso meno voti del fratello musulmano Morsi, e l’Esercito potrebbe essere tentato di forzare la mano ribaltando il risultato delle urne”. Ad affermarlo è Gian Micalessin, inviato e corrispondente di guerra de il Giornale, secondo cui “sono i militari che decideranno quando Mubarak morirà, in base alla convenienza politica”. Intanto fonti mediche ufficiali hanno smentito che l’ex presidente sia mai stato in coma profondo. In seguito all’ictus da cui è stato colpito le sue condizioni restano critiche, ma se supererà le prossime 48 ore potrebbe sopravvivere, anche se con capacità fisiche e intellettuali ridotte.



A chi gioverebbe la morte di Mubarak?

Mubarak ormai è un fantasma di se stesso, del tutto fuori dai giochi, e la sua morte non gioverebbe a nessuno. Piuttosto bisogna chiedersi a chi giovi tenerlo in vita o giocare con le notizie sulla sua salute. Quella che si sta consumando è una partita sul cadavere più o meno caldo dell’ex rais. La sua malattia serve a non farlo morire in carcere e non inimicarsi tanti nostalgici che ancora pensano che il suo regime abbia fatto qualcosa di buono. Con questo escamotage Mubarak è stato sottratto alla prigione e portato in un’istituzione sanitaria che appartiene ai militari, i quali decideranno il momento del suo trapasso.



A chi giova dunque tenere in vita Mubarak?

Tenerlo in vita serve ad allontanare il responso elettorale, manovrando in modo tale che il candidato dei militari Shafiq diventi più accettabile. I risultati dovevano infatti arrivare ieri e sono stati rimandati alla prossima settimana: tutti sanno che se dovesse risultare vincitore vorrebbe dire che ci sono stati brogli. E se nel frattempo l’ex rais morisse? L’emozione per un’eventuale morte di Mubarak potrebbe portare a posticipare ulteriormente la proclamazione del vincitore, magari a dopo i funerali.

Gli islamisti hanno esultato alla notizia della sua morte imminente …



In realtà in questo clima di attesa i Fratelli musulmani non hanno che da perdere e i militari non hanno che da guadagnare. Il tempo logora il movimento islamista, di fatto paralizzato, mentre favorisce l’ordine antico e la maggioranza silenziosa dell’Esercito, deciso ormai a recuperare il potere che ha gestito negli ultimi 70 anni.

Chi diffonde ad arte le notizie sul rais moribondo punta anche a mettere sotto accusa chi ne ha voluto la cacciata?

Il gioco non è tanto sull’ex rais e sulla sua figura, che ormai appartiene al passato, ma sul fatto che il dopo Mubarak non ha realizzato nessuna delle aspettative di chi era convinto che dopo la sua rimozione tutto migliorasse. Del resto Mubarak era soltanto il simbolo di un potere frutto di 70 anni di storia, in un Paese dove i militari sono l’unica vera istituzione del Paese.

 

In che senso?

 

L’Esercito è in grado di controllare il 40% dell’industria. Rappresenta il centro di gravità attorno al quale si è creata la borghesia grazie ai soldi usciti dalle casse militari più o meno illegalmente. E’ da questa borghesia che si sono formati i magistrati e la burocrazia di Stato, costituendo un monolite che continua a controllare il Paese. Per questo l’Esercito è l’unico che può garantire l’ordine e riportare la sicurezza nelle città. I Fratelli musulmani in questo momento non hanno invece nulla da offrire se non la loro incapacità, perché per tre mesi sono stati al potere ma non sono riusciti a cambiare nulla.

 

Pensa che ora si preparino allo scontro con i militari?

 

I Fratelli musulmani in questo momento non hanno alcun interesse ad andare a uno scontro frontale con i militari. La grande partita che sta cercando di giocare il movimento islamista è quella di legittimarsi come l’unica forza capace di dare vita a un Islam democratico. Andando allo scontro con l’Esercito sarebbero costretti ad allearsi nuovamente con l’Islam radicale, a ricorrere alla piazza e alla violenza, e quindi ad abdicare a tutto quello che dicevano di voler realizzare. Alla fine quindi i Fratelli musulmani potrebbero essere costretti a negoziare anche nella peggiore delle ipotesi, quella cioè in cui i militari decidessero di portare il gioco alle estreme conseguenze e nominare Shafiq come vincitore delle presidenziali.

 

Secondo lei è questo il piano dei militari?

 

Dal punto di vista del puro calcolo, la cosa che converrebbe di più all’Esercito sarebbe cedere ai Fratelli musulmani una presidenza svuotata dei suoi poteri. Potrebbero però entrare in gioco dei fattori più “irrazionali”, come l’ambizione, la volontà e le promesse fatte a Shafiq. Alla fine i militari potrebbero quindi scegliere di giocare il tutto per tutto, sapendo che comunque i Fratelli musulmani sono totalmente spiazzati e non potranno fare altro che scendere a patti.

 

(Pietro Vernizzi)