Piazza Tahrir di nuovo piena di manifestanti come non succedeva da tempo. Questo, per il popolo egiziano, non è un buon segno. La piazza simbolo della rivoluzione anti Mubarak dopo la caduta dello stesso presidente egiziano, è diventata nel tempo il cuore delle contraddizioni di un Egitto che non sembra trovare via d’uscita a queste contraddizioni. Una piazza macchiata del sangue di dozzine di cittadini, sangue che di volta in volta non è mai stato possibile chiarire chi lo avesse versato, se i militari, se i manifestanti, se agenti provocatori. E adesso la piazza si sta di nuovo riempendo. In attesa di sapere finalmente i risultati effettivi del ballottaggio presidenziale e dopo che entrambi i candidati hanno dichiarato la rispettiva vittoria, la giunta militare di transizione annuncia il pugno di ferro. Eventuali disordini, facendo riferimento proprio alle migliaia di manifestanti in Piazza Tahrir, non saranno tollerati, dicono. E intanto si difendono dalle accuse di colpo di Stato provenienti dai Fratelli musulmani dopo le recenti iniziative prese, ad esempio lo scioglimento del Parlamento e adesso la decisione di assumere il potere legislativo, una decisione definita necessaria in questa fase. Ma si sa che in Egitto decisioni di questo tipo portano spesso a bagni di sangue. Vittorio Parsi, contattato da IlSussidiario.net, non coglie grandi speranze dalle notizie che giungono dall’Egitto: “Ci stiamo pericolosamente avvicinando a uno scontro frontale, non vedo altre prospettive all’orizzonte” dice. “A questo punto le carte andranno calate una volta per tutte”. Per Parsi infatti non è più possibile immaginare una situazione di stallo come in un modo o nell’altro si è mantenuta negli ultimi mesi: la situazione avrà una svolta, quale non possiamo dirlo. “Si giocherà tutto” spiega “in base a quello che succederà una volta che sarà proclamato l’effettivo vincitore delle elezioni presidenziali. Se vincerà il candidato della Fratellanza musulmana, i militari potranno pensare di svuotare di significato politico questo fatto”. Ma i Fratelli musulmani, aggiunge “non staranno certo a guardare: con le decisioni prese dal consiglio militare negli ultimi giorni e nelle ultime ore, si arriverà a una resa dei conti decisiva”. Se invece dovesse vincere il candidato ex primo ministro di Mubarak, allora la Fratellanza potrà considerare di andare allo scontro diretto”.
E’ finito dunque il gioco a rimpiattino, dice ancora Parsi, a cui si è assistito in questi mesi fra militari e Fratelli musulmani: “I militari hanno promesso di lasciare ogni potere alla fine del mese dopo la proclamazione del presidente della Repubblica, ma anche i Fratelli musulmani avevano detto che non si sarebbero presentati alle elezioni. Un gioco a rimpiattino come dicevo che sta giungendo al termine. L’Egitto sta per andare incontro alla svolta finale, quale, non possiamo ancora dirlo”.