Mahmud Ahmadinejad, presidente iraniano, si ritirerà dalla vita politica da qui a un anno. Lo ha annunciato egli stesso in un’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, nel corso della quale ha sottolineato: “Otto anni mi bastano, penso che ora tornerò alla scienza. Forse mi impegnerò politicamente nell’università, ma non fonderò un partito o un gruppo”. Ilsussidiario.net ha intervistato Ennio Di Nolfo, professore emerito di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze, per chiedergli di commentare il significato di questa scelta.



Di Nolfo, che cosa significherà per lo scacchiere mediorientale la scelta di Ahmadinejad di ritirarsi dalla vita politica?

In Iran esiste un principio costituzionale in base a cui un presidente non può essere candidato ed eletto presidente della Repubblica per più di due volte. L’anno prossimo scade il secondo biennio di mandato di Ahmadinejad e questo lo esclude dalla possibilità di essere rieletto. A meno che non si tenti di ripetere lo stesso escamotage utilizzato da Putin in Russia, con Medvedev che gli ha tenuto il “posto caldo” per quattro anni in vista di un suo ritorno nel ruolo di presidente. Anche se dalle dichiarazioni del presidente iraniano sembrerebbe che voglia dedicarsi soltanto agli studi.



Con l’uscita di scena di Ahmadinejad, cambierà l’atteggiamento aggressivo dell’Iran nei confronti di Israele?

No, in quanto Khatami e Khamenei sono più anti-israeliani di Ahmadinejad. L’Iran inoltre è un Paese estremamente orgoglioso e quanto mai nazionalista, non credo quindi che il clero iraniano voglia né possa cambiare politica. D’altra parte ritengo che quella iraniana sia una politica tutto sommato auto-difensiva, e non sia particolarmente aggressiva nei confronti dell’Occidente.

Eppure l’Iran sta sviluppando il nucleare …

E’ vero, ma tutti gli altri Paesi che circondano l’Iran, e cioè Pakistan, India, Israele, Turchia e Russia, hanno a loro volta la bomba atomica. Non vedo quindi motivi di particolare allarme nei confronti della posizione iraniana.



Perché allora Israele è così allarmato?

Israele ha ragione di essere preoccupato perché nelle loro dichiarazioni gli iraniani sono i più anti-israeliani dell’area. Non dobbiamo però dimenticare che durante la guerra Iran-Iraq tra Israele e Iran c’era un’alleanza di fatto, con lo Stato ebraico che forniva armi a Teheran. Anche oggi inoltre Israele dovrebbe essere preoccupata per Hamas, Hezbollah e soprattutto l’Egitto almeno quanto per l’Iran, se non di più.

E’ proprio l’Iran a finanziare Hamas, Hezbollah, gli sciiti irakeni e Assad …

Questo rientra nella logica regionale e non corre alcun rischio di destabilizzare il Medio Oriente. Al di là degli allarmi artificiali, e con la sola eccezione della Siria, non credo che il Medio Oriente in questo momento attraversi una fase di particolare rischio e instabilità. Ritengo che ultimamente sia più instabile l’Europa.

 

Quindi nel 2013 resterà tutto come prima?

 

Con l’uscita di scena di Ahmadinejad non cambierà nulla. Gli iraniani eleggeranno un altro personaggio analogo a lui.

 

C’è un’altra figura ugualmente carismatica in grado di prendere il posto di Ahmadinejad?

 

Ahmadinejad non è né è mai stato una figura carismatica. E’ agitato e agitatore, ma non è una personalità forte, anche perché il clero iraniano lo contiene fin troppo bene. In Iran del resto gli uomini del passato sono troppo vecchi per potere riemergere, occorrerà quindi trovare una figura nuova.

 

Come cambieranno le relazioni tra Italia e Iran?

 

Si tratta di relazioni apparentemente tese ma sostanzialmente discrete. Il problema centrale è quello dei rifornimenti del petrolio iraniano, che in questo momento sono bloccati dalle sanzioni, ma prima o poi riprenderanno. Se l’Italia avrà un minimo di accortezza nei confronti della situazione iraniana, non dovrebbe esserci un peggioramento e anzi è possibile che ci sia un miglioramento di rapporti.

 

E le relazioni tra Iran e Iraq?

 

Sono due Paesi molto differenti. L’agitazione sciita in Iraq non può essere che alimentata dagli iraniani, o comunque dal modo di agire e di pensare degli sciiti. Mentre l’Iran è uno Stato tranquillo, in definitiva solido e consolidato, l’Iraq vive una situazione di transizione lungi dall’essere definita.

 

(Pietro Vernizzi)