Dall’inizio dell’anno ad oggi circa 1.300 persone sono giunte via mare in Italia dalla Libia. Mentre le vittime dei viaggi della speranza sono già 170. Ed è solo di due giorni fa la notizia dell’odissea di 54 persone che hanno vagato in mare aperto, per 15 giorni, e sono morte per disidratazione. Il solo superstite, che si è salvato aggrappandosi per giorni ad una tanica, ha raccontato l’ennesima odissea dei disperati a bordo di un gommone sgonfio, con una bottiglia d’acqua e un pezzo di pane a testa. Secondo quanto riportato dall’uomo circa la metà dei deceduti erano di nazionalità eritrea, compresi tre suoi parenti. “Mi appello ai comandanti delle imbarcazioni nel Mediterraneo affinché prestino la massima attenzione a possibili casi di migranti e rifugiati in difficoltà che necessitano di essere soccorsi,” ha dichiarato T. Alexander Aleinikoff, vice Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Mentre il ministro degli esteri, Giulio Terzi affermava non più tardi di 20 giorni fa: “Non faremo respingimenti di immigrati”. Una questione, quella per i respingimenti, delicatissima dal punto di vista giuridico per gli “attori” che coinvolge: l’alta Corte per i Diritti Umani e i Tribunali Internazionali che richiamano norme e convenzioni. Ma, soprattutto, dolorosa per le peggiori miserie umane che coinvolge: storie di uomini e, spesso per far breccia, di donne e minori che per fuggire dai loro Paesi sono disposti a ipotecare la propria vita per approdare in una nazione che hanno visto solo in tv. Un “Paese di Bengodi” che non esiste nemmeno negli sceneggiati della Rai.“Veniamo a conoscenza di questi episodi- dice il costituzionalista Bruno Nascimbene – solo quando si verificano incidenti o vere e proprie tragedie in mare. In questo caso, il controllo che viene eseguito dalle autorità libiche non è sufficiente perchè dovrebbe impedire, in virtù di accordi che sono stati stipulati con il nostro Paese, che barconi prendano il largo alla volta dell’Italia. Trovo, poi che ci sia stata “omertà” di soccorso.
In che senso?
E’ impossibile che nessuno abbia visto un barcone, in mare alla deriva per quindici giorni. Parlo sia delle autorità libiche sia di quelle italiane. Le lamentele dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, che si ripetono in casi come questi, sono giustificate.
Cioè?
Le persone che partono sulle cosiddette “carrette del mare” sono persone che fuggono da situazioni drammatiche nei loro paesi d’origine e hanno tutte le carte in regola per richiedere asilo ed accedere allo “status” di rifugiato politico.
Alla luce di questo, lei pensa che sia troppo semplice richiedere asilo nel nostro Paese?
Non credo. E’ la forza della disperazione che spinge queste persone a fuggire dai loro Paesi pagando cifre altissime e a mettersi nelle mani di organizzazioni criminali. Non tengono conto degli aspetti giuridici: sono altri i parametri con cui si misurano.
Parlava prima di un accordo italo-libico sui flussi migratori. Questi tipi di intese sono contemplate dal Diritto Europeo o sono solo “tollerate”?
Mi sembra che ne sia stato sottoscritto uno poco tempo fa fra il Ministro Cancellieri e il suo omologo libico e molti altri ne sono stati stipulati durante i Governi di Berlusconi con Gheddafi: sono contemplati dal Diritto Internazionale purchè vengano applicati nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo e delle convenzioni internazionali vigenti.
In questo caso, chi dovrebbe vigilare che tali diritti siano stati rispettati?
In teoria, su queste materie dovrebbe vigilare l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani sebbene, in questo caso, la Libia non abbia sottoscritto la Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. Convenzione, invece, sottoscritta dall’Italia e, come è successo in altri casi, è stato proprio il nostro Paese ad essere richiamato dalla Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo: è accaduto proprio nel febbraio scorso quando è stato respinto un gruppo di migranti provenienti dalla Libia. E, soprattutto, per non aver offerto loro la possibilità di richiedere lo asilo.
E’ una condizione necessaria?
Il “non respingimento” è uno dei principi cardine del diritto internazionale del rifugiato e può essere sintetizzato come il divieto per il richiedente di domandare asilo.
Secondo lei come si costruisce, dal punto di vista giuridico, una politica di integrazione a livello europeo?
Con una maggiore sensibilità di tutti i membri dell’Unione Europea: ci dovrebbe essere una maggiore convergenza politica su questi temi.
Resta il tema della cittadinanza ai figli degli immigrati con una polemica. Che cosa dice oggi la Costituzione?
Occorre per prima cosa cambiare la legge: è un tema di cui occorre che, in primis, ne discutano partiti e forze parlamentari.
Un problema “politico”?
Esatto. Per cambiare la legge sulla cittadinanza, la 91 del 92 , deve essere approvata una proposta di legge dal Parlamento che preveda condizioni diverse per i bambini di stranieri nati in Italia.
(Federica Ghizzardi)