Elezioni presidenziali in Messico. Ha vinto Peña Nieto, del Partito rivoluzionario istituzionale, il partito che aveva guidato ininterrottamente il Paese centro americano dal 1929 al 2000. Adesso, dopo un intervallo di soli dodici anni, torna al potere. Secondo i primi dati degli spogli, Nieto ha ottenuto circa il 40% dei voti contro il 31% ottenuto dal candidato di sinistra Andres Manuel Lopez Obrador. L’altro candidato, Josefina Vazquez Mota, del Partito d’azione nazionale ha ottenuto il 25,1% o 26,03% dei voti. Questa ultima era anche candidato del governo uscente, e la sua sconfitta è certamente segnata dalla terribile guerra contro i narcos che da anni insanguina il Paese e che vede il governo tenuto in scacco dalle potenti famiglie dei trafficanti di droga (più di 50mila morti in sei anni). La vittoria del candidato cattolico (Nieto è considerato vicino all’Opus Dei) è invece un segnale di voglia di cambiare questa situazione. Felipe Calderon, presidente uscente, ha riconosciuto la vittoria del Pri e ha offerto la sua collaborazione per il periodo di transizione prima dell’insediamento che avverrà a dicembre. Secondo gli esperti, la vittoria di Nieto è segno del desiderio dei messicani di tornare a quel Messico in cui il suo partito garantiva sicurezza e ordine nel Paese. Nonostante questo, diversi membri del suo partito sono stati accusati di connivenza con le famiglie dei narco trafficanti. Eppure Nieto sulla guerra che insanguina il Paese ha dato un segnale preciso chiamando a far parte del suo gruppo di lavoro l’ex generale colombiano Oscar Naranjo che guidò la lotta ai narco trafficanti nel suo Paese e che contribuì a far arrestare Pablo Escobar, numero uno del cartello della droga. Nel distretto federale della capitale Città del Messico invece si segnala la vittoria della sinistra. Si tratta, questo distretto, di una zona del tutto differente dal resto del Paese, a guida socialista da molti anni e dove sono stati approvate leggi sui matrimoni gay e sull’aborto che nel resto del Messico sono del tutto vietate. Dunque grande attesa per capire se il Messico si trova davanti a una svolta che possa riportarlo a una situazione di pacificazione e di sviluppo economico dopo la grande delusione degli ultimi dodici anni.
Il Partito rivoluzionario internazionale è membro dell’internazionale socialista anche se è considerato un partito di centro. Il suo lunghissimo periodo di potere durato 71 anni ha fatto definire questo periodo come la “dittatura perfetta”, ottenuta con i voti.