Ancora scontri e ancora morti in Siria, dove il conflitto si sta lentamente allargando. Per la prima vota dall’inizio dello scoppio della rivolta, infatti, forze fedeli al regime di Bashar al Assad si sono scontrate con l’esercito giordano lungo il confine che divide i due Paesi. A confermarlo all’ANSA sono fonti alla frontiera, mentre secondo quanto riferisce il giornale al-Arab online, lo scontro avvenuto nella notte rappresenta un’evoluzione decisamente preoccupante della crisi siriana. Le fonti fanno sapere che tre soldati giordani sono rimasti feriti e che il conflitto a fuoco è avvenuto proprio a ridosso della frontiera, nei pressi del villaggio giordano di Thuneiba, dove truppe di Damasco hanno occupato una torre di vedetta militare giordana. Solamente due giorni fa altri colpi di mortaio erano stati sparati dal territorio siriano verso l’area di Ramtha, fortunatamente senza causare feriti, mentre  sembra che un bambino siriano di tre anni sia stato ferito a morte da soldati governativi di Damasco mentre cercava insieme alla famiglia di attraversare la frontiera al valico di Ramtha. Sembra poi che dall’alba di oggi siano ripresi i bombardamenti delle forze governative siriane ad Aleppo, capitale economica della Siria, il cui controllo è giudicato di grande importanza strategica. Intanto Hervè Ladsous, sottosegretario generale delle Nazioni Unite con delega per le Operazioni d’Interposizione ha fatto sapere, nel corso della sua visita a Damasco per colloqui con le autorità siriane, che non esiste alcuna alternativa al piano di pace in sei punti presentato da Kofi Annan, inviato speciale congiunto delle Nazioni Unite e della Lega Araba. “Al momento c’è un unico processo politico in corso”, ha sottolineato Ladsous, “vale a dire il piano Annan. Com’è noto, e come è stato detto e ripetuto più e più volte, un piano B non esiste. Non c’è alcuna alternativa a esso. I siriani che uccidono i siriani è un qualcosa che non deve continuare”, ha dichiarato. 



Ladsous ha voluto poi ribadire che “l’Onu non si sta ritirando dalla Siria, contrariamente a quanto è stato detto e scritto in questi giorni”, facendo poi sapere che “metà degli osservatori” hanno lasciato il Paese, augurandosi che, se le condizioni di sicurezza lo permetteranno, “possano presto essere richiamati al servizio” in Siria.

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