E’ la madre di tutte le battaglie. Così lo stesso regime di Assad ha definito la battaglia di Aleppo che sta infuriando negli ultimi giorni in uno dei maggiori centri economici della Siria. Con un’altra battaglia in corso, quella nella capitale Damasco, che i russi avevano già definito la battaglia definitiva, appare chiaro che la lunga guerra civile che ha insanguinato la Siria potrebbe essere a una svolta. Quale, nessuno lo sa. In questo quadro si inserisce la notizia delle ultime ore dell’uccisione dell’imam sunnita Abdel Latif al Shami, molto noto in Medio oriente per il suo dialogo con i cristiani, a gettare l’ombra scura di Al Qaeda sulla scena. Per cercare di capire il possibile sviluppo della situazione IlSussidiario.net ha parlato con il presidente del Cipmo (Centro italiano per la pace in Medio oriente), Janiki Cingoli. “E’ probabile che ormai il regime di Assad sia vicino alla sua fine, ma che cosa ci sia tra la situazione attuale e questa fine, nessuno ancora lo sa”. Per Cingoli, quello siriano non è un conflitto interno al Paese ma si estende a tutto il Medio oriente: “La componente più agguerrita dei sunniti sta cercando la prova di forza per spezzare la continuità del cosiddetto arco sciita, quello che fino a oggi si è esteso dall’Iran al Libano passando appunto per la Siria. Se salta la Siria di Assad, si spezza questo arco. Ecco qual è la vera battaglia in atto”.



Cingoli, siamo davvero agli ultimi giorni del regime di Assad?

La situazione è più complessa di quello che fanno credere le cronache giornalistiche. Chi infatti pensava a una soluzione del tipo libico con il Gheddafi di turno scacciato in malo modo si è dovuto ricredere. Questo per due motivi. 

Quali?

Intanto il regime siriano ha una identità e una struttura ben diverse rispetto a quello che era di Gheddafi. In secondo luogo perché l’occidente sa di trovarsi di fronte un avversario ostico e non vuole impelagarsi in uno scontro frontale come quello avvenuto in Libia.



Che idea si è fatta dei prossimi possibili sviluppi della situazione?

La situazione nel medio termine è molto probabile che veda il crollo del regime di Assad, ma che cosa ci sia tra adesso e questo medio termine è ancora una incognita. 

Perché?

Il perché lo ha detto molto bene Putin durante la sua visita in Israele. Ad una domanda sul regime di Assad e su cosa si intende fare per affrontare il massacro del suo popolo, ha risposto che il nostro problema, quello della Russia, non è tanto il mantenimento di Assad quanto cosa viene dopo il suo crollo. E questo in realtà è il problema di tutti.



Lei che idea si è fatto?

Bisogna comprendere la realtà di questa regione. La Siria è un Paese dove i sunniti sono la stragrande maggioranza, gli alauiti, a cui appartiene Assad, sono una minoranza piccola ma molto agguerrita e consapevole che se viene sconfitta deve cedere tutto. Ci sono componenti che tentano mediazioni, componenti presenti tra gli alauiti stessi che cercano di infilarsi tra i cosiddetti rinnovatori sunniti. In mezzo c’è di tutto, però si tratta di un dialogo fra due comunità che non ha fatto passi avanti, si fronteggiano e si fanno la guerra per il controllo totale del Paese.

Quanto il Medio oriente potrà essere coinvolto dal crollo del regime siriano?

Questo è il punto. Occorre capire infatti che questo scontro non è semplicemente interno siriano, ma regionale. Si fronteggiano le componenti sciite che hanno recuperato la minoranza alauita nei propri ranghi, e ricordiamo che fino a poco tempo fa gli alaiuti erano considerati dagli sciiti degli eretici, più la componente sunnita che dalla primavera araba è uscita rafforzata. Hanno preso il potere in Tunisia, in Egitto, ci stanno provando in Giordania dove c’è una situazione un po’ traballante, e c’è Hamas che è forte. C’è insomma una componente sunnita più aggressiva che ha base in Arabia Saudita, ma soprattutto in Qatar, e quella più disposta a mediare che è in Egitto. In definitiva, questa componente sunnita sta cercando la prova di forza per spezzare la continuità del cosiddetto arco sciita.

Cosa si intende per arco sciita? 

E’ quello che ha legato fino ad oggi l’Iran al Libano degli hezbollah attraverso la Siria. Se salta la Siria di Assad si spezza questo arco. Ecco allora qual è la vera battaglia che è in atto in Siria. Non dimentichiamoci poi della Russia, che in Siria ha un punto di appoggio rilevante e che dunque in questa partita non sta a guardare. 

Come colloca in questo quadro l’episodio dell’imam sunnita ucciso?

Difficile da capire. Assad punta sull’alleanza con la minoranza cristiana così come con i curdi e quindi un imam sunnita che dialoga con i cristiani possono averlo ucciso le componenti affilate ad Al Qaeda che sono presenti nel movimento dei ribelli. Se invece è opera dei servizi segreti di Assad, al momento non lo si può determinare. 

A proposito di cristiani: come li vede in questo contesto?

I cristiani siriani sono estremamente preoccupati, così come lo sono i coopti in Egitto, che non a caso hanno votato in massa contro il candidato dei musulmani perché temevano che si potessero creare situazioni con meno garanzie per loro. In Siria, le minoranze sono strette ad Assad perché temono che una affermazione sunnita possa mettere in dubbio le loro libertà. 

E Israele? Che cosa si aspetta da questa situazione?

Da un lato Assad è stato per Israele uno che non ha creato problemi neanche quando gli israeliani hanno distrutto la centrale nucleare siriana. Intorno a Israele in questo momento si sta saldando l’alleanza sunnita, con Hamas che, non scordiamoci, è sunnita. Israele si trova isolata: l’Egitto al momento ha assicurato che non metterà in discussione gli accordi di Camp David, ma sicuramente qualcosa cambierà. E’ anche evidente che Israele ha come pensiero principale l’Iran e con la situazione palestinese sempre aperta deve pensare ai suoi problemi interni. Tenendo infine conto che i rapporti con la Turchia sono degenerati da tempo, si trova isolata in un quadro ad alta tensione.