Un agente addetto alla sicurezza dell’ambasciata italiana a Sanaa, la capitale dello Yemen, è stato rapito questa mattina da un commando di uomini armati. A riferirlo è stata l’agenzia France Press, citando diverse fonti diplomatiche occidentali e i servizi di sicurezza del luogo, ma la notizia è stata poi confermata anche dalla Farnesina. L’uomo, di nazionalità italiana, al momento del rapimento si trovava nei pressi della sede dell’ambasciata che si trova a Hadda, quartiere nel sud-ovest della capitale yemenita. Non è la prima volta che lo Yemen diventa teatro di rapimenti di cittadini stranieri da parte di tribù armate: negli ultimi cinque anni circa duecento persone sono state rapite nel paese ma in quasi la totalità dei casi gli ostaggi vengono rilasciati senza alcuna conseguenza. L’ultimo sequestro avvenuto in ordine di tempo ha visto coinvolto un cittadino francese facente parte del Comitato Internazionale della Croce Rossa che, dopo essere stato rapito ad aprile nel sud del paese, è stato rilasciato verso la metà di luglio. Intanto continuano i disordini nel paese: nella giornata di oggi un centinaio di membri di diverse tribù hanno attaccato armati la sede del locale ministero degli Interni con la richiesta di essere arruolati tra le fila della polizia. Dopo aver occupato l’edificio e preso in ostaggio diverse persone, la tranquillità è stata ristabilita solo molte ore dopo.  E’ invece di una ventina di giorni fa la strage provocata da un attentatore suicida sempre a Sanaa, la capitale dello Yemen, dove oggi è stato rapito l’addetto alla sicurezza dell’ambasciata italiana: l’11 luglio, infatti, un kamikaze ha provocato almeno 22 morti, per la maggior parte cadetti, in un’accademia della polizia. A riferirlo sono stati poi gli investigatori, precisando che l’esplosione è avvenuta quando i cadetti stavano lasciando l’accademia per la fine dei corsi. Anche nel mese di maggio un altro attentatore suicida, con addosso un’uniforme dell’esercito, colpì durante le prove di una parata militare a Sanaa, uccidendo più di 90 persone. 



L’attacco fu poi rivendicato dal gruppo al Qaeda nella penisola araba, considerato dagli Stati Uniti il più pericoloso della rete di militanti.

 

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