Siamo di fronte ad una svolta? I recenti avvenimenti lo fanno sperare. A Parigi, infatti, si è riunita la conferenza degli Amici della Siria. 107 Paesi hanno gridato a gran voce che Assad deve lasciare immediatamente il potere. Hanno chiesto, inoltre, all’Onu di intervenire. E di fare in modo che, al più presto, si possa dar vita alla transizione democratica. Contestualmente, Manaf Tlass, generale dell’esercito siriano, tra i comandanti delle Guardie Repubblicane, nonché tra i fedelissimi del dittatore, ha deciso di disertare. Un evento giudicato dal Pentagono di grande importanza. IlSussidiario.net ha chiesto a Carlo Jean, ex generale, esperto di strategia militare e geopolitica, quali scenari si prefigurano. E perché, perché sin qui, nonostante le migliaia di civili uccisi dal regime, molti dei quali sono morti sotto tortura, l’Occidente, a differenza di altre situazioni, probabilmente, meno allarmanti, non abbia ancora mosso un dito. «In Siria – spiega Jean – la difesa contraerea è moto efficiente, l’esercito estremamente forte e Assad, verosimilmente, ha un sostegno della popolazione e dell’opinione pubblica decisamente superiore a quello che viene normalmente rappresentato in Occidente». Le differenze con la Libia sono evidenti: «lì, svariate zone erano controllate dagli insorti, come ad esempio quasi l’intera Cirenaica. In Siria, invece, gli insorti non dispongono di alcun controllo territoriale. Non hanno alcuna possibilità di organizzarsi e di creare una forza militare tale da contrastare le unità d’assalto di Assad». Il fatto che centinaia di Nazioni si siano incontrate per fare il punto sulla situazione difficilmente determinerà significativi cambiamenti. «La Russia continua a fornire armamenti contraerei che rendono ogni eventuale attacco della Nato, degli Usa, o della Turchia, estremamente improbabile. La Siria, inoltre, è nel cuore del Meriodiente. Una sua destabilizzazione potrebbe creare turbative che nessuno vuole». D’altro canto, neppure la defezione del generale non produrrà particolari alterazioni negli equilibri. «Indubbiamente, rappresenta un colpo al prestigio di Assad e del suo sistema di potere. Tanto più che si tratta del secondo generale che defeziona. Tuttavia, ricordiamo che in Libia, furono numerosi i ministri che abbandonarono fin da subito Gheddafi. In Siria, le defezoni tra i ranghi più alti sono estremamente limitate». Tanto più che si tratta, in genere, di ritorsioni personali. «Il precedente generale se ne andò per una sorta di mera vendetta privata, non avendo ricevuto l’incarico che aveva chiesto. Aspettiamo che le reali motivazioni di Tlass vengano a galla».
Nessuna motivazione ideale, in ogni caso: «se avesse voluto, avrebbe potuto far modificare il comportamento dell’esercito siriano nei confronti dei civili molto più facilmente dall’interno che dall’esterno. Oltretutto, queste defezioni non fanno altro che ridurre la compattezza dell’esercito della Siria libera, comandato da un colonnello. Si stanno iniziando a creare, infatti, divisioni e dissapori tra il colonnello e i generali fuoriusciti». Insomma, l’impasse è destinato a perdurare. «Non ci sarà alcun intervento. Inoltre, né gli insorti né Assad risulteranno vincitori. Lo stillicidio durerà ancora a lungo. Fino a quando, per lo meno, le condizioni internazionali non muteranno. Fino a quando, in particolare, non si aggiungerà ad un accordo tra gli Usa e l’Iran, il principale sostenitore del regime di Assad».
(Paolo Nessi)