Il candidato repubblicano alla vicepresidenza, Paul Ryan, sabato ha tenuto il suo primo discorso di fronte a una folla di 2.500 persone. Il 42enne, cattolico e conservatore, negli ultimi anni ha guidato la battaglia contro il bilancio di Obama in seno al Congresso. Come evidenzia Alberto Simoni, vice caporedattore Esteri de La Stampa e responsabile del sito “Usa 2012” collegato al quotidiano di Torino, “è il segno che Romney vuole lanciare la sfida decisiva contro Obama sui temi chiave dell’economia, nei quali le ricette neokeynesiane della Casa Bianca non sono state in grado di portare l’America fuori dalla crisi”.
Simoni, che cosa l’ha colpita del discorso di Ryan?
Il filo conduttore è stata l’economia. Ryan rappresenta e ha rappresentato negli ultimi quattro anni il volto dei repubblicani nella battaglia sul budget, sui tagli alle spese e sulle politiche fiscali. E’ un deputato che ha una sua solidità e concretezza dell’agire e può ribattere alle politiche di Obama che non sono riuscite a portare l’America fuori dalla crisi, o perlomeno non hanno portato alla creazione di posti di lavoro.
Un vicepresidente giovane e non famosissimo, ma con una notevole esperienza …
Ryan è l’alternativa anche visiva a Obama. E’ cioè un personaggio che ha una ricetta, delle idee, delle convinzioni e una politica economica che non è quella della Casa Bianca. Quest’ultima è stata fondamentalmente keynesiana, mentre la soluzione proposta da Ryan è una politica di riduzione delle spese, tagli delle tasse, incentivi alle piccole e medie imprese, modifiche alla riforma sanitaria di Obama.
Il conservatore Ryan riuscirà a raccogliere i voti dei moderati?
Ryan non è il prototipo dei Tea party e dei suoi politici dalla retorica sanguigna e battaglieri fino al paradosso. E’ un uomo molto pragmatico e concreto, e pur essendo vicino al tea party ma non ne fa parte. E’ figlio della tradizione conservatrice che vuole uno Stato leggero, non oppressivo, che si tenga lontano dall’economia e non interferisca nelle scelte anche di vita degli americani. Un politico vecchio stampo, ma nuovo nel modo di porsi.
Quali sono i vantaggi politici di queste qualità?
Gli consentiranno di aiutare Romney a prendere i voti del Tea Party, pur senza dover ricorrere a quegli estremismi che caratterizzano Michele Bachman, Sarah Palin o altri personaggio che in Europa definiremmo pittoreschi. Al contrario Ryan ha un aplomb anglosassone, e pur essendo molto rigido e duro può piacere anche all’establishment repubblicano.
Ryan riuscirà a convincere i cattolici Usa a votare per Romney?
E’ difficile che un candidato alla vicepresidenza possa portare i voci decisivi di un blocco piuttosto che di un altro. Potrà magari attirare simpatie del mondo cattolico, ma chi fa la differenza è il candidato presidente. I cattolici americani si trovano comunque in grande fermento.
In che senso?
Ci sono state e ci sono tuttora delle gravi tensioni tra la Conferenza Episcopale e la Casa Bianca, ma non si tratta dell’unico problema esistente. Alcuni gruppi di suore americane sono state accusate dal Vaticano di seguire una linea femminista. E’ un dato di fatto che le incrinature all’interno del mondo cattolico sono molto ampie. Da un lato c’è chi considera i temi etici come la stella polare che deve essere seguita, dall’altra c’è chi reputa la dottrina sociale, e quindi la lotta alla povertà e alla disuguaglianza, come i valori cardine. La divisione tra questi due fronti è particolarmente importante perché i cattolici americani sono 60 milioni e rappresentano degli “swing voters”, cioè cambiano orientamento sostenendo ora i Democratici e ora i Repubblicani. Rischiano quindi di essere un blocco decisivo.
Che cosa intendeva Ryan quando ha affermato che non difenderà le sue convinzioni, ma porterà la libertà nella battaglia politica?
Si tratta di un approccio tipicamente americano, se avesse detto che intende portare le sue convinzioni in politica probabilmente avrebbe segnato il suo primo autogol nella corsa alla vicepresidenza. Difendere la libertà significa proprio il fulcro del pensiero conservatore americano, e consiste nel consentire all’individuo di praticare ed esercitare i suoi diritti nei confronti degli Stati locali. Mentre a questi ultimi consente di essere liberi rispetto al governo federale.
Che cosa c’entra tutto ciò con la fede cattolica di Ryan?
La riforma sanitaria di Obama ha in parte rovesciato proprio questa libertà, perché obbliga i cittadini ad acquistare un’assicurazione sanitaria che include le spese per la contraccezione e per l’aborto. I cattolici e molti protestanti ovviamente non possono accettarlo, ed è il campo si è giocato lo scontro tra Chiesa e Casa Bianca. Ryan su questo tema è molto più vicino alla Conferenza Episcopale, ma chi pensa che il candidato vicepresidente utilizzerà questa bandiera per vincere la campagna non ha compreso quella che è veramente la sfida elettorale in America.
(Pietro Vernizzi)