Fra qualche settimana potremmo svegliarci una mattina e leggere sui giornali che le basi dove l’Iran prepara la sua bomba atomica sono state bombardate. Potrebbe essere che il bombardamento sia stato compiuto dall’esercito israeliano da solo, o forse insieme agli americani. Leggeremmo sui giornali allora di rappresaglie, attacchi missilistici dell’Iran sulle città israeliane, tentativi di blocco dello stretto di Hormuz, fra Golfo Persico e Oceano Indiano da dove passa un terzo della produzione petrolifera mondiale, attacchi terroristici sul territorio israeliano e magari anche nel resto del mondo da parte di Hamas e Hezbollah. Una nuova guerra, o se si vuole un nuovo atto dell’infinita guerra mediorientale, che continuerebbe e farebbe crescere ancora i conflitti in corso: quello in Siria e quello dello Yemen, dove almeno entro certi limiti le parti sono le stesse che si scontrerebbero sul nucleare iraniano: da un lato l’America, l’Inghilterra, l’Arabia saudita, dall’altro l’Iran con i suoi satelliti (Siria, Hezbullah, forze “rivoluzionarie” in Yemen e in Arabia) e i suoi protettori (Russia, entro certi limiti anche la Cina).



Ma la guerra che si sta per aprire non è un conflitto fra Iran e Israele? Solo in parte. Israele nel caso siriano ha assunto un atteggiamento di prudenza, non si è schierato, anche per non dare pretesti ai suoi nemici per travestire una guerra civile da “resistenza antisionista”. Così non reagì durante la prima guerra del Golfo quando Saddam Hussein cercò di giustificare la sua “resistenza” spedendo a freddo i suoi missili Scud sulle città israeliane. Nel caso iraniano questo atteggiamento di attesa non è possibile, come vedremo. Ma l’Iran non sta giocando solo contro Israele, sta anche cercando di stabilire la propria egemonia sul mondo islamico e sulla regione del Golfo, così strategica perché è la prima al mondo nella produzione del petrolio. Se l’Iran avrà la bomba atomica cui continua a lavorare da vent’anni ed è ormai quasi pronta, potrà imporre la sua volontà sull’Arabia Saudita, il Kuwait, gli altri stati arabi e attraverso questi a tutto il mondo. Non sarà più attaccabile, come oggi non è attaccabile la folle e un po’ grottesca dittatura nordcoreana che spara addosso ad americani e sudcoreani e opprime la sua popolazione senza timore di rappresaglie dato che basterebbe una delle sua atomiche su Seul per fare milioni di morti. Così l’Iran, se avesse la bomba, coi missili che ha già potrebbe arrivare a Gerusalemme, ma anche a Roma, a Riad, a Mosca, a Karachi, sui pozzi di petrolio. Sarebbe insomma irrefrenabile. Con la differenza che la Corea del Nord non ha altre mire strategiche se non la sopravvivenza della sua monarchia comunista, mentre l’Iran vuole esportare la rivoluzione islamica, costruire un solo impero musulmano dominbato dalla setta sciita e destinato a diventare una potenza egemone su Asia, Africa ed Europa. Non sono ipotesi, è un programma politico-religioso che è stato ripetutamente espresso ed è evidente a chi consideri le scelte strategiche  della rivoluzione iraniana in questi anni. Un programma insopportabile per l’America, che si vedrebbe espulsa dal Medio Oriente e immensamente indebolita (con evidente soddisfazione di Russia e Cina, che per questo scherzano col fuoco persiano). Ma pericolosissimo per l’Europa, che è il ventre molle dell’Occidente rispetto al mondo islamico, per la vicinanza e l’immigrazione.



E allora perché Israele? Che c’entra lo stato ebraico? La ragione è molto semplice. L’opinione pubblica araba e in genere musulmana, dopo sessantacinque anni, vive ancora con odio e rancore il fatto che si sia costituito, nel centro del territorio che essi considerano “appartenente all’Islam”, uno stato “infedele” e ancor peggio guidato da quegli ebrei contro cui nutrono un forte sentimento razzista, fin dai tempi del Corano. Ogni volta che un dittatore ha voluto prendere la testa del mondo arabo, ha proclamato di voler guidare i fedeli alla distruzione di Israele. Così fece Nasser, per esempio, e così Saddam Hussein. Così ha fatto Khomeini prendendo il potere in Iran trent’anni fa e sulla stessa strada si sono messi i suoi successori. Il paradosso vuole che in realtà gli interessi geopolitici della Persia sono sempre stati compatibili con quelli di Israele, perché l’avversario naturale dell’una e dell’altro sono gli arabi. E infatti fino alla rivoluzione di Khomeini, la Persia era per Israele un alleato importante, faceva parte con Turchia ed Etiopia del “secondo cerchio” il quale aggirava gli arabi che accerchiano Israele. Non vi è un contenzioso economico, militare, di confine fra Israele e Iran. Vi è solo la coincidenza della scelta strategica di osteggiare Israele per guidare il mondo islamico e il fanatismo religioso dei suoi capi.



Fatto sta che da venti o trent’anni almeno gli iraniani dichiarano non solo di odiare Israele, ma di volerlo “cancellare dalla carta geografica”; finanziano i suoi nemici terroristi come Hamas e Hizbullah e si impegnano direttamente nel terrorismo antiebraico. Non tutti sanno che l’attuale ministro della difesa di Teheran, Ahmad Vahidi, è stato incriminato dalle autorità argentine come responsabile diretto del terribile attentato al centro sociale ebraico di Buenos Aires, che nel 1994 fece un centinaio di vittime.  L’Iran dunque non predica solamente la distruzione di israele, fa il possibile per metterla in pratica. Armato di bomba atomica, l’attacco a Israele sarebbe la prima mossa per mostrare il proprio potere a tutti i vicini in maniera “islamicamente corretta”. La disparità del territorio (22mila chilometri quadrati contro un milione e mezzo) e della popolazione (7 milioni contro 80), oltre all’atteggiamento fanatico e apocalittico della dirigenza fanno sì che le possibili rappresaglie israeliane non bastino probabilmente a fermare l’escalation nucleare dell’Iran. Che potrebbe anche non dover usare l’atomica, ma semplicemente farsene scudo per alimentare guerra e terrorismo dietro una “zona di immunità”. Quella stessa “zona di immunità” che Israele ha usato per sopravvivere in un ambiente ostile e immensamente più ricco e numeroso, e che l’Iran userebbe per rovescaiare gli equilibri del Medio Oriente.

Israele deve reagire prima che questa “zona di immunità” sia consolidata e se lo farà, sperabilmente con l’appoggio americano, aiuterà non solo se stesso, ma anche l’Islam sunnita e l’Europa. Sotto il pregiudiziale rifiuto di bandiera della guerra vi sono molti, dall’Arabia Saudita alla Gran Bretagna che sperano che Israele si assuma il compito di eliminare un gravissimo pericolo all’equilibrio mondiale. E’ un compito difficilissimo, perché gli iraniani capiscono benissimo questa necessità e combattono con Israele e l’America da anni una guerra sotterranea fatta di attacchi informatici, sabotaggi, false comunicazioni. Sarebbe molto bello se la semplice pressione della comunità internazionale, le sanzioni, il peso dell’economia fermassero l’Iran, senza bisogno della guerra. Ma ormai è chiaro che questi strumenti non bastano. Prima o poi gli aerei si alzeranno, con la Stella di Davide o le Strip and Star americane sulle ali, e cercheranno di bloccare l’atomica persiana.  Ma per favore, non dite che si tratta di un attacco israeliano all’Iran; è una difesa del mondo contro il rischio ben più grande di un’arma atomica in mano ad assassini e terroristi, ben decisi a usarla per dominare il mondo.