Platino di sangue. In Africa questa volta a tingersi di rosso non sono stati i diamanti della Sierra Leone ma le pepite di Platino estratte dagli oltre 3 mila minatori di Marikana, dove opera la Lonmin, il terzo più grande colosso dell’estrazione del prezioso minerale impiegato nella produzione di gioielli, materiale elettrico e strumenti odontoiatrici. A una settantina di kilometri a nord di Johannesburg (Sud Africa) 34 minatori, infatti, hanno perso la vita sotto i colpi d’arma da fuoco della polizia. Oggi è arrivata la difesa dei capi delle forze dell’ordine mentre il presidente Sudafricano Jacob Zuma ha annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta auspicando che tutto possa essere risolto con il dialogo. Si tratta del più grande massacro di civili dalla fine dell’Apartheid, la politica razzista del governo di bianchi in carica dal dopoguerra fino al 1994: oltre ai 34 minatori uccisi, 78 sono stati feriti e 258 arrestati.
Nella miniera di Marikana viene prodotta la quasi totalità (98%) del platino commerciato dalla Lonmin. Sottoterra lavorano più di 3 mila dipendenti che devono estrarre il prezioso materiale per non più di 400 dollari al mese. Dal 10 agosto erano in corso scioperi per chiedere aumenti salariali fino a 1500 dollari. Molti uomini e donne, di cui la stragrande maggioranza di colore, erano saliti in superficie cantando e intonando slogan. Nella prima fase di scontri però due poliziotti hanno perso la vita: uccisi a colpi di machete. Secondo le testimonianze dei parenti delle vittime, dei feriti e degli arrestati, la polizia nei giorni scorsi invece sarebbe passata dall’utilizzo delle pallottole di gomma a quelle vere, causando il decesso di 34 persone. Non sembra esagerato rievocare la presenza di rancori a sfondo razziale che sicuramente hanno contribuito all’escalation di violenze.
La polizia difende chi ha sparato. “I poliziotti hanno dovuto usare la forza per difendersi dal gruppo che li attaccava”, ha dichiarato in conferenza stampa il capo della polizia, Riaf Phiyega. Secondo il ministero della polizia, la sparatoria è stata breve ma intensa. Le forze dell’ordine, ha spiegato il portavoce del ministero, Zweli Mnisi, sembrano aver risposto a colpi d’arma da fuoco. “È ovvio che deploriamo profondamente queste morti”, ha detto il presidente di Lonmin, Rober Phillimore, ma qui si tratta chiaramente di un problema di ordine pubblico piuttosto che di un conflitto sociale”. Il presidente sudafricano Zuma ha interrotto una visita ufficiale in Mozambico per recarsi nella zona del massacro. Zuma si è detto “scioccato e costernato”. “Siamo convinti”, ha aggiunto, “che ci sia abbastanza spazio nel nostro ordine democratico perché qualsiasi disputa sia risolta attraverso il dialogo”.
Ll quotidiano The Sowetan questa mattina in un editoriale scriveva: “i minatori ci hanno riportato alla realtà di una bomba a orologeria che ha smesso di ticchettare. Ed è esplosa. Gli africani lottano uno contro l’altro, combattendo per una fetta più grande della ricchezza mineraria del Paese. Alla fine la guerra si porta via, ancora un volta, gli africani più poveri”.
(Matteo Rigamonti)