Tre autobombe sono esplose questa mattina nel centro di Tripoli, nei pressi del ministero degli Interni e dell’Accademia di polizia femminile, causando la morte di almeno due persone e decine di feriti. Le esplosioni sono avvenute all’alba, in coincidenza con l’Eid ul-Fitr, la festa che segna la fine del Ramadan, il mese sacro di digiuno dei musulmani, celebrata da milioni di fedeli in tutto il mondo. Il primo ordigno, deflagrato nelle vicinanze del ministero degli Interni di Tripoli, non ha causato feriti e, una volta giunti sul luogo, le autorità hanno rinvenuto un’altra bomba inesplosa. Altre due autobombe sono state però fatte esplodere pochi minuti dopo vicino al quartier generale dell’Accademia di polizia femminile, dove almeno due persone avrebbero perso la vita. La circolazione di mezzi è stata bloccata sul viale Omar al-Mokhtar, nel cuore di Tripoli, e diversi posti di blocco sono stati installati sulle principale arterie cittadine. «I nuovi attacchi di questa mattina confermano la situazione di instabilità del Paese», spiega a IlSussidiario.net Gabriele Iacovino, responsabile del desk Nord Africa e Medio Oriente del CeSI, il Centro Studi Internazionali. «Nonostante i risultati elettorali abbiano premiato le forze più laiche che hanno portato avanti la ribellione contro Gheddafi, in Libia continua a permanere una difficile situazione. Il governo centrale non è ancora riuscito a creare un valido apparato di sicurezza che possa coprire l’intero territorio e le due autobombe di oggi rappresentano solo l’ultimo episodio di un lungo periodo di violenza. Ricordo infatti che a Bengasi, il 10 agosto scorso, un generale dell’esercito regolare libico, Mohammed Hadiya Al-Feitouri, è stato ucciso mentre stava uscendo da una moschea dopo la preghiera del venerdì». Secondo Iacovino, far esplodere tre bombe in coincidenza con la festa che segna la fine del Ramadan ha un significato importante: «E’ senza dubbio una celebrazione molto importante e di certo la scelta di agire proprio oggi non è casuale. Anche gli stessi luoghi dove gli ordigni sono stati fatti esplodere sono significativi: sia il ministero dell’Interno che l’Accademia di polizia femminile, infatti, in passato hanno rappresentato molto all’interno dello scenario della repressione e del regime di Gheddafi».
A seguito degli attentati di oggi, Il responsabile della sicurezza libico, il colonnello Mahmoud Al-Cherif, ha puntato il dito contro ex sostenitori del Raìs, ipotesi che però non convince totalmente Iacovino: «La presenza dei lealisti di Gheddafi è debole nel Paese e, una volta caduto il regime, di fatto la resistenza non è praticamente più esistita. La famiglia del Colonnello è stata divisa e i vari esponenti del regime rimasti vivi non sono presenti sul territorio libico quindi, anche se non si può escludere nulla, l’ipotesi avanzata non mi convince». Quindi, conclude Gabriele Iacovino, «potrebbe trattarsi di una matrice diversa, proveniente da alcuni gruppi che, nella divisione attuale del potere, sono rimasti fuori e che per questo motivo cercano di inviare un forte segnale all’attuale compagine governativa».
(Claudio Perlini)