Bisogna occuparsi delle Pussy Riot, bisogna costringersi a riflettere e prendere posizione. Bisogna. Non se ne avrebbe voglia, perché la faccenda è spinosa, non si può stare di qua o di là: e comunque la rigiri, rischi di passare per oscurantista, antidemocratico, oppure di entrare nel coro degli indignati che le ergono a eroine di libertà, da pulpiti non così attenti ai diritti della persona quando si tratta, che so, di condannare i massacri dei cristiani o le abituali violazioni della dignità delle donne nei paesi arabi (e nei nostri paesi europei forse no?).



Dunque, le ragazze sono cantanti rock. Cattive, arrabbiate. La storia del rock è piena di arrabbiati più di loro, usi a manifestazioni eclatanti e provocatorie, allo sballo per stupefacenti, alle manette e al carcere per percosse, insulti eccetera. Niente di nuovo. Le ragazze ce l’hanno con Putin, però, e questo è lecito e comprensibile. Difficile pensare alla Russia come a un Paese in cui libertà e diritti democratici sono garantiti. Elezioni farsa, una monocrazia che tacita il dissenso, e quando non lo tacita lo fa fuori, Politovskaja e colleghi insegnano.



Quasi quasi queste Pussy Riots fanno simpatia. Secondo me esagerano, e confondono un po’ gli obiettivi, quando se ne vanno in giro a infilarsi pubblicamente oggetti nelle parti intime, quando rubano in nome della giustizia proletaria nei supermercati, quando si accoppiano in nome dell’amore libero e contro le false morali. Tutta roba vecchia, anche questa. Chi combatte per la libertà in Russia di solito scrive, senza i soldi di George Soros che finanzia l’organizzazione propagandistica OTPOR di cui si sono fatte portabandiera le cattive ragazze (come le analoghe del gruppo Femen, mai sentite? Femministe ucraine che tagliano croci con la motosega, ad esempio, perché la religione è oppio dei popoli, anche questa l’ho già sentita). Chi combatte per la libertà in Russia non disprezza la cultura della sua gente, la religione che innerva la sua storia. “Non volevano offendere, la nostra era un’azione puramente politica”, hanno detto le ragazze alla sbarra, scusandosi. 



Sono entrate per quello nella cattedrale ortodossa di Cristo Salvatore, a Mosca, per intonare sull’altare la loro preghiera anti-Putin, tirando in ballo Dio Padre e la Vergine Maria. Per invocarli in funzione anti-tiranno e anti-patriarca, colpevole di sostenere il tiranno (Maria, diventa femminista, diventa femminista… perché, la Madonna è mai parsa succube e schiava ai voleri dell’uomo? Ha scelto Dio, liberamente, con un coraggio e una determinazione impensabili, in qualunque ragazza del suo tempo).

Blasfemia, vandalismo, teppismo a sfondo religioso, due anni di carcere. Se ne escono in salute, e si può dubitarne, rifletteranno sull’utilità e l’intelligenza del loro gesto, sciocchine. Perché avrebbero fatto meglio a parlare, nei loro tour musicali in giro per il mondo, a non insultare un luogo sacro. Pensate un po’, fossero entrate in San Pietro, denudate e urlanti. O meglio, nella moschea de La mecca. Nel secondo caso non sarebbero sopravvissute a lungo al linciaggio, nel primo comunque le avrebbero portate in commissariato, e sì che noi siamo di manica larga, e ci siamo sopportati Madonna che faceva la lap dance avvinghiata alla Croce, lasciamo che i nostri ragazzi canticchino imperturbabili le bestemmie di Eminem.

E in America? Manganellate sicure, innanzitutto. Non siamo ipocriti, pensate che impunemente si possa salire sull’altare della patria e urlare improperi contro il Presidente della Repubblica? Eppure. Sarebbe stata giusta una condanna, a titolo d’esempio. Ma con la condizionale, e via, a casa, fuori dai piedi. Una multa, e una bella lavata di capo. Questa galera costerà a Putin altro odio, altri cortei e proteste, e non gli fa comodo anche a livello di immagine.

Sarebbe stato bello poi che la Chiesa ortodossa si svegliasse un po’ prima a chiedere clemenza, visto che le tre ragazze sono in galera da quasi sei mesi. L’opportunismo di chi si fa difendere dal Principe, e poi, emessa la sentenza, s’inchina al principe offrendo perdono, non mi piace. A Putin non gliene importa nulla della religione e della Chiesa, a meno che sia funzionale al mantenimento dell’ordine, e sottomessa. Chiesa di Stato, insomma.

Certo, la Russia non è l’unico Paese. Mezzo mondo con cui commerciamo abitualmente e con profitto usa la religione per coprire tirannia e torture, e non ci scandalizziamo affatto. Ma solo perché abbiamo dimenticato colpevolmente la pasta di cui siamo fatti, quella cultura giudaico-cristiana che per prima ha posto al centro di tutto l’uomo e la sua dignità suprema, che si è mirabilmente fusa con il pensiero moderno, con la riflessione di filosofi e giuristi laici che hanno scritto le regole dei diritti della persona, dell’indipendenza dello Stato dalla Chiesa.

Consapevoli della storia di cui siamo figli, possiamo scuotere la testa davanti a qualsiasi condanna che riguardi la libertà d’espressione, anche se è espressione violenta e ingiusta. Anche se è contro la nostra fede, perché non è la blasfemia o lo sberleffo che tolgono un briciolo della nostra certezza. Le idee anche quelle sbagliate, si discutono, si combattono a parole. E si muore, per difenderle.