Un anno fa Gian Micalessin ha girato un reportage tra i giovani della primavera araba a Bengasi, i protagonisti della rivolta contro Gheddafi. Ne era uscito il ritratto inedito di una generazione che improvvisamente si è trovata sotto riflettori mondiali volendo riscattare sogni e desideri e giocare un ruolo vero e autentico nel cambiamento. Cresciuti con internet e i cellulari, educati nelle università, abituati a guardare al fuori dei confini, in qualche modo già globali, o smaniosi di esserlo, quei giovani partecipavano entusiasticamente alla grande trasformazione di un Paese, di una società, di un universo. E così raccontavano il rapporto con il mondo vecchio nel quale non volevano più abitare, le nuove idee sulle quali edificare scuola, istituzioni, professione. E la fede, l’amore, il bisognosi sentirsi parte di qualcosa di grande e di nuovo.



A distanza di un anno Micalessin e tornato nelle terre della rivoluzione, a cominciare dalla Libia e poi in Tunisia e in Egitto, per comporre il ritratto della stessa generazione un anno dopo, a rivoluzioni fatte. Hanno perso, hanno vinto? Cosa succede ora che il mondo è veramente cambiato, che veramente i raìs sono stati rovesciati? Che fine ha fatto il desiderio che ha mosso questi giovani? 



Certo hanno scoperto che fare la storia e un mestiere duro, è un compito che necessita pazienza, tenacia, educazione, amicizia. E che a volte non riesce secondo i piani fatti. Dunque torniamo con Gian a Piazza Tahrir, a Bengasi, a Sidi Bouzid: i luoghi simbolo di quel che ha modificato per sempre il volto del mondo arabo sono le tappe di un nuovo viaggio che riserva amare verità e sorprese incoraggianti. “La rivoluzione, un sogno” è programmato alle 19 in sala Neri. Alle 21.45 “Io sono qui” di Emmanuel Exitu, dedicato a Mario Melazzini. 

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