Si è concluso in favore del Vaticano l’ultimo e il più importante processo ancora in corso relativo alla scandalo dei preti pedofili. La Corte federale dell’Oregon si è pronunciata sul caso John Doe vs Holy See. Il processo era stato reso famoso dalla decisione dell’avvocato Jeff Anderson di citare in causa direttamente il Vaticano nelle vesti di «datore di lavoro» del reverendo Andrew Ronan, accusato di aver molestato un minorenne negli anni ’60 (John Doe è un nome fittizio per proteggere la vittima stessa, all’epoca della denuncia ancora diciassettenne) e morto nel 1992. Ebbene: il giudice  Michael Mosman ha stabilito che la Santa Sede «non può essere considerata come il datore di lavoro» dei sacerdoti cattolici che operano in tutto il mondo e, di conseguenza, non può essere ritenuta responsabile dei loro reati. Se così non fosse, ha sottolineato il giudice, allora qualunque cattolico dovrebbe essere considerato a libro paga dello Stato del Vaticano. Giuseppe Dalla Torre, Rettore della Lumsa di Roma, commenta il pronunciamento del tribunale americano.



Come giudica la sentenza?

Effettivamente, non è possibile considerare ogni sacerdote al mondo come un dipendente della Santa sede. Il rapporto di ogni prete con la Chiesa non è di lavoro, ma si pone su un piano differente. Assimilarlo ad esso, ed a un licenziamento la sua riduzione allo stato laicale, è improprio. Oltretutto, il suo rapporto giuridico-canonico è instaurato, anzitutto, con la  realtà particolare in cui la Chiesa si struttura: le diocesi, gli ordini o le congregazioni. Anche in tal caso, comunque, non si può parlare di rapporto di lavoro vero e proprio.



Il sacerdote, quindi, può definirsi dipendente delle realtà ecclesiali particolari? Del suo vescovo, ad esempio?

Direi di no. Ovvero: il sacerdote, effettivamente, dipende dalla realtà particolare di cui fa parte; non nel senso, tuttavia, in cui viene inteso il termine “dipendenza” nel linguaggio comune, ove si sottintende un rapporto di lavoro. La giurisprudenza italiana, infatti, ha sempre assimilato il servizio che il sacerdote presta presso la propria diocesi o ad altre strutture a quello prestato, ad esempio, da una madre all’interno della propria famiglia.

Chi stipendia i sacerdoti?



Molti di essi sono insegnanti, cappellani militari o cappellani in strutture sanitarie, e ricevono uno stipendio da parte dello Stato. Tuttavia, non tutti rientrano in queste categorie, mentre ogni Paese dispone di un sistema di sostentamento del clero diverso dall’altro. In generale, il nuovo codice di diritto canonico ha previsto un sistema di autofinanziamento attraverso gli istituti diocesani e gli istituti nazionali di finanziamento del clero. Solo una categoria di preti è stipendiata direttamente dal Vaticano.

Quale?

I sacerdoti che sono in servizio presso la Curia Romana. Sono, tuttavia, come è evidente, una sparuta minoranza.

In particolare, come funziona il sostentamento del clero negli Stati Uniti?

Negli Usa vige l’assoluta separazione tra Stato e Chiesa e il principio in virtù del quale non un solo soldo delle casse pubbliche può essere dato alle confessioni religiose che si finanziano completamente da sole attraverso, ad esempio, l’attività dei benefattori.

Non crede che la sentenza rischi di acuire alcune tensioni esistenti tra la Chiesa cattolica americana e il Vaticano?

Non credo, anzi, si tratta di un fattore di alleggerimento dal momento che la sentenza esonera la Santa Sede dal dover rispondere di errori delle autorità ecclesiastiche locali. Restano, altresì, del tutto intatti i vincoli sussistenti tra i sacerdoti e la Chiesa universale. Che, come è noto, sono di tutt’altra natura: ovvero, di carattere spirituale, morale e dottrinale.

 

(Paolo Nessi)