Sarà liberata oggi Rimsha Masih, la bambina cristiana con disturbi mentali incarcerata nel penitenziario di Islamabad per l’accusa di blasfemia. Ad anticiparlo a Ilsussidiario.net è il ministro federale del Pakistan per l’Armonia nazionale, Paul Jacob Bhatti. In Pakistan esiste una legge che prevede la pena di morte per chi offende il Corano e Maometto, ma a fare discutere in questo caso è il fatto che sia stata applicata nei confronti di una piccola non in possesso delle sue facoltà psichiche. Per il ministro Bhatti, “a essere sospetta è anche la dinamica in cui si è verificato l’intero episodio, in quanto fa pensare che si tratti di un caso montato ad arte. Non si capisce infatti in che modo i vicini musulmani fossero a conoscenza del fatto che nella busta della spazzatura nelle mani di Rimsha fossero contenuti dei versetti del Corano bruciati per metà”.



Ministro Bhatti, qual è la vera dinamica della vicenda che ha portato all’arresto di Rimsha?

Rimsha è una bambina con disordini mentali appartenente a una famiglia di cinque persone che vive in una casa in affitto in un quartiere povero di Islamabad. Abituata a giocare nella spazzatura, il 16 agosto aveva con sé un sacchetto dell’immondizia e un ragazzo le ha chiesto di vedere che cosa ci fosse dentro. Secondo la versione di quest’ultimo, ha trovato delle pagine del Corano bruciate per metà. Il giovane ha dunque chiamato la gente del posto, accusando i cristiani di aver commesso un sacrilegio.



A quel punto che cosa è avvenuto?

La folla ha iniziato ad alzare la voce e ha chiamato la polizia, che ha arrestato e portato in prigione la bambina. Io sono stato contattato dalle forze dell’ordine, che mi hanno riferito che c’erano mille persone che volevano bruciare il quartiere. Il giorno seguente era venerdì, e alcuni imam avevano deciso di predicare in tutte le moschee contro la blasfemia commessa dai cristiani, incitando i fedeli ad attaccare le loro case. Diversi quartieri cristiani di Islamabad hanno ricevuto delle minacce, e i residenti mi hanno chiamato per esprimermi la loro viva preoccupazione, in quanto alcuni mullah erano passati da loro e li avevano avvertiti: “Dopo la preghiera vi sistemeremo per le feste”. La situazione era molto preoccupante, anche perché quelle minacce erano tutt’altro che inverosimili.



Lei ha cercato di intervenire per placare gli animi?

Ho telefonato a tutti gli imam delle moschee di Islamabad, e ho cercato di spiegare loro che, qualsiasi cosa si pensasse di ciò che era avvenuto alla bambina, la gente dei quartieri cristiani non ne aveva nessuna colpa. Loro hanno compreso il mio messaggio, ne hanno discusso tra di loro, hanno appoggiato la mia idea e nelle moschee non si è predicato per incitare alla violenza. Nonostante ciò quasi mille persone dopo la preghiera sono scese nelle strade per linciare i cristiani. Le forze dell’ordine sono riuscite a fermarle, e i manifestanti si sono limitati a bruciare dei copertoni e a fare piccoli danni.

 

Come valuta la posizione del governo di cui fa parte?

 

Ho preso parte a un vertice con il capo della polizia e con il ministro degli Interni, e ho chiesto loro conto dei motivi per cui Rimsha era stata arrestata. Secondo la loro versione, se non fosse stata portata in carcere sarebbe stata uccisa dalla folla. Ora però la parola spetta al giudice, e sono d’accordo che entro oggi (giovedì 23 agosto, Ndr) la bambina sarà rilasciata.

 

Da chi è incitata la folla che vuole assalire i cristiani?

 

Si tratta di una corrente che persiste da anni. Quando si verificano episodi di questo tipo, è perché qualcuno incoraggia i musulmani a punire chi offende la loro fede. Il popolo pakistano è ingenuo, e quando qualcuno lo aizza alla violenza inizia subito a seguirlo. I predicatori portano esempi di fede, e non riescono nemmeno a vedere il lato umano della vicenda, e cioè che si tratta di una bambina con dei disordini mentali. Figuriamoci quindi se possono arrivare a capire che quello della piccola Rimsha potrebbe essere tutto un caso fabbricato ad arte, in quanto è abbastanza inspiegabile che un passante sapesse già che nel sacchetto di plastica in mano alla piccola ci fossero dei versetti del Corano.

 

Com’è la situazione delle altre famiglie cristiane?

 

Nel quartiere G-8 di Islamabad vivevano circa 500 famiglie cristiane che sono state costrette a fuggire dalle loro case e non ha nessuna intenzione di tornarvi, perché hanno il terrore di essere uccisi dai musulmani. Siamo quindi molto preoccupati per la loro sorte.

 

(Pietro Vernizzi)