Mentre la repressione dei civili e la guerriglia tra ribelli e forze militari imperversa senza tregua, la Comunità internazionale continua a manifestare la propria assoluta impotenza. L’Assemblea generale dell’Onu sulla Siria ha approvato un risoluzione che, da un lato, condanna le violenze del regime e, dall’altro, critica l’immobilismo del Consiglio di sicurezza; ma è quest’ultimo che conta realmente e finché Cina e Russia, membri permanenti con diritto di veto, continueranno ad appoggiare Assad, di interventi armati non se ne parla. Nel frattempo, lo scenario si tinge di giallo. Pare che tra i 48 pellegrini iranini rapiti dai ribelli ci siano alcuni (ma potrebbero esserlo tutti) pasdaran, i membri del corpo delle Guardie della rivoluzione islamica; ovvero, l’elemento portante del regime degli ayatollah. Guido Olimpio ci illustra i fattori in gioco necessari per comprendere la situazione.
Perché l’occidente continua ad assistere inerme?
Perché nutre molta diffidenza nei confronti degli attori della crisi siriana. Mentre in Libia la situazione era più definita, si era determinata una realtà, anche territorialmente, compatta, in Siria l’opposizione è estremamente più frammentata. L’esercito di liberazione siriano ne rappresenta solo una parte. Esiste anche una costellazione di sigle e gruppi di vario genere e il timore che le componenti qaediste o jihadiste siano particolarmente numerose è alto. Non si può intervenire in un Paese prima che ci siano garanzie sul dopo.
E il veto di Russia e Cina?
Pesa fino a un certo punto. Potrebbe, paradossalmente, favorire un intervento unilaterale. Se si impedisce un intervento dell’Onu, infatti, si sviluppano altre iniziative.
Da parte di chi?
Già adesso Paesi come Arabia Saudita e Qatar stanno fornendo un aiuto continuo. Non stiamo parlando certo di un ingente dispiegamento di mezzi. Se così fosse, infatti, ci saremmo accorti di cambiamenti significativi sul campo. Si tratta, in ogni caso, di quanto basta per mettere in difficoltà il regime.
Non crede che la Turchia potrebbe mettersi a capo dei Paesi ostili al regime?
Non è pensabile. L’intervento non potrebbe, di certo, consistere nell’invio di militari. Occorre l’aviazione, servono droni e armi sofisticate. E, attualmente, solo gli Usa dispongono delle tecnologie e della struttura logistica necessaria per essere in grado di combattere una guerra di questo genere. Neppure la Nato da sola è in grado di farlo.
In tutto ciò, quindi, qual è il ruolo della Turchia?
Non possiamo affermare con certezza che il Paese lavori a stretto contatto con i sauditi e con il Qatar. Sta di fatto che è una retrovia importantissima per aiutare i ribelli e ambisce a un ruolo di mediazione in Medioiente.
Per questo l’Iran si è rivola ad Ankara per la liberazione dei pellegrini?
Non c’è dubbio. Oltretutto, i rapporti dell’Iran con la Turchia sono discreti, a differenza di quelli con Arabia e Qatar. Teheran è convinta del fatto che Ankara possa esercitare una certa influenza sui ribelli e portare alla liberazione dei pellegrini.
Secondo lei si tratta effettivamente di persone che si sono recate in Siria per motivi religiosi?
Diciamo che il fatto che gruppi di pellegrini continuino a recarsi in Siria nonostante il clima infuocato e la situazione pericolosissima fa nascere più di qualche sospetto. Tanto più che non sono i primi ad esser stati catturati. Certo, non abbiamo prove che si tratti di pasdaran. Ma non possiamo escluderlo; come non possiamo escludere l’esistenza di attività di intelligence, guerre segrete, iniziative di sostegno ai ribelli da parte della Cia e ad Assad da parte dell’Iran.
Ci spieghi meglio
I pellegrinaggi potrebbero servire per far passare membri dell’intelligence iranina, lanciare messaggi, o destinare aiuti al regime.
Perché l’Iran sostiene Assad?
Condivide con la Siria una visione contraria a qualsiasi forma di negoziato con Israele. Per gli iraniani, inoltre, la Siria è fondamentale come canale di rifornimento di Hezbollah. Trovandosi in Libano, dove esiste un certo controllo internazionale, destinare armi e aiuti non è semplice e il Paese di Assad rappresenta una retrovia formidabile.
Perché all’Iran interessa il rafforzamento di Hezbollah in Libano?
Il movimento dispone di migliaia di razzi che gli sono stati forniti dall’Iran stesso. In caso di ritorsioni da parte di Israele, ne attaccherebbero i centri abitati. Certo, potrebbero fare ben poco contro il suo esercito israeliano. Ma contina a rappresentare pur sempre un avamposto militare e politico da preservare a tutti i costi.
(Paolo Nessi)