“I terroristi del Sinai hanno colpito in modo sacrilego, attaccando nell’ora dell’Iftar in cui i musulmani interrompono il digiuno sacro del Ramadan. Il loro obiettivo era scatenare una guerra tra Egitto e Israele, ma non riusciranno a scalfire la collaborazione tra i due Stati confinanti che puntano a sconfiggere la minaccia del fondamentalismo islamico”. Ad affermarlo è il professor Abdel Fattah, esponente di spicco dei Fratelli musulmani egiziani, il movimento cui appartiene il presidente Mohammed Morsi. Domenica un commando di terroristi ha assaltato la frontiera tra Israele ed Egitto a bordo di alcuni blindati, stroncando la vita di 16 guardie del Cairo che stavano cenando. Ieri l’Esercito e l’Aeronautica israeliana sono riusciti a uccidere cinque degli attentatori.



Professor Fattah, i terroristi sono fondamentalisti islamici?

E’ presto per dirlo, ma desidero sottolineare che quello compiuto dagli attentatori è un atto di viltà. Hanno infatti atteso la fine del digiuno del Ramadan, subito dopo il tramonto, e quindi hanno colpito ufficiali e soldati mentre prendevano l’Iftar, cioè il pasto dopo il digiuno. Gli attentatori hanno inoltre approfittato delle distanze infinite tra i punti di controllo nel deserto del Sinai, dove il numero delle guardie non è all’altezza della superficie molto vasta da sorvegliare.



Che cosa vogliono i terroristi del Sinai e perché colpiscono proprio ora?

Sono diversi gli elementi che giocano in modo sporco contro l’Egitto, e per individuarli è necessario attendere l’esito delle indagini avviate dalle autorità. La leadership politica e militare sta discutendo ed esaminando la situazione. Il dato di fatto è che di recente le forze di sicurezza egiziane hanno bloccato ingenti quantità di armi e missili provenienti dal confine occidentale con la Libia.

E quindi?

La mia convinzione è che i terroristi, tramite il contrabbando di armi, mirassero a lanciare missili contro Israele con l’obiettivo di creare una guerra tra lo Stato ebraico e l’Egitto. Quando le forze di sicurezza egiziane hanno bloccato il traffico degli arsenali, i terroristi hanno deciso di vendicarsi uccidendo ufficiali e soldati. Lo dimostrerebbe il fatto che hanno lasciato accanto ai loro cadaveri delle armi come una sorta di rivendicazione per indicare il motivo della strage.



Chi ha colpito rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale dell’Egitto?

Non si tratta di una grave minaccia, perché gli sforzi delle forze di sicurezza nei mesi scorsi sono stati davvero lodevoli. Hanno sequestrato armi e missili nascosti nel Delta e che, secondo le indagini, erano diretti verso lo Stato d’Israele. Sono diverse le componenti che vorrebbero minacciare la stabilità dell’Egitto, anche se non sappiamo ancora se si tratti di agenti dei servizi segreti stranieri, di egiziani del Sinai, di palestinesi della Striscia di Gaza o di gruppi jihadisti. Ricordo che domenica il presidente egiziano Mohammed Morsi ha dichiarato che quest’atto terroristico non resterà senza risposta. Negli anni scorsi il Sinai è stato teatro di numerosi attentati, e Mubarak non è mai riuscito a sradicare il terrorismo.

 

Ci riuscirà Morsi?

 

La leadership politica del Paese è responsabile di tutte le decisioni necessarie per controllare la sicurezza nel Sinai e sconfiggere il terrorismo, le cui origini risalgono agli anni passati, ma che finora non aveva mai assunto la fisionomia di domenica. E’ la prima volta infatti che assalta il posto di frontiera del Sinai, provocando 16 martiri e sette feriti, tre dei quali sono stati trasferiti nell’ospedale del Cairo. Ieri i servizi segreti, il Consiglio Supremo delle Forze Armate (Scaf) e il consiglio della sicurezza nazionale si sono riuniti con il presidente Morsi per discutere e precisare un piano d’azione comune per i prossimi giorni, con l’obiettivo di punire come si meritano gli autori degli attacchi.

 

Come valuta i rapporti tra Egitto e Israele in questa vicenda?

 

E’ interesse di entrambe le parti un controllo accurato delle frontiere, con una collaborazione tra i leader politici di Egitto e Israele. Occorre discutere insieme le possibili soluzioni, anche per quanto riguarda un eventuale incremento delle truppe egiziane nel Sinai per controllare le distanze illimitate del deserto. Ritengo inoltre che vada adottato un sistema radar, nell’interesse di entrambe le parti.

 

(Pietro Vernizzi)